Stelle gemelle: un nuovo regalo dal cielo

08 Ott 2015

From the OSR Blog

Grazie all'uso di una tecnica che ha lo scopo di individuare campioni di "gemellli stellari", i ricercatori dell'Università di Cambridge sono stati in grado di misurare la distanza tra le stelle con una precisione molto elevata rispetto ad altri metodi che sono dipendenti dai modelli.

Questa tecnica potrebbe rappresentare una sorta di valore aggiunto per la missione del satellite Gaia, che nel corso di cinque anni realizzerà una mappa tridimensionale del cielo, e allo stesso tempo potrebbe fornire preziosi indizi su quei processi astrofisici fondamentali che avvengono nelle regioni più distanti della nostra galassia. I risultati sono stati pubblicati sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Il modello delle parallasse ed i suoi limiti

“La determinazione delle distanze è un problema fondamentale in astronomia” ha commentato Paula Jofre Pfeil dell’Istituto di Astronomia di Cambridge ed una delle principali autrici dello studio. “È impossibile conoscere la dimensione della galassia o capire come sia evoluta nel corso del tempo se non sappiamo a quale distanza si trova una stella o un gruppo di stelle. Perciò, ogni volta che eseguiamo una misura accurata, facciamo un passo in avanti nella scala cosmica delle distanze”, ha continuato.

Il modo migliore per misurare la distanza tra le stelle è quello rappresentato dal metodo delle parallasse. Questa tecnica consiste nello spostamento apparente di un oggetto quando viene osservato da due linee di vista: ad esempio, se tendiamo la nostra mano in avanti e la guardiamo chiudendo prima l’occhio sinistro e poi l’occhio destro, noteremo che la mano apparirà muoversi rispetto allo sfondo. Lo stesso effetto può essere utilizzato calcolando la distanza delle stelle, misurando quindi il moto apparente di una stella vicina rispetto alle stelle più distanti.

Misurando l’angolo sotteso da due osservazioni (parallasse), gli astronomi possono determinare la distanza di una particolare stella. Tuttavia, questo metodo può essere applicato solo nei casi di stelle relativamente vicine, dato che per distanze che superano i 1600 anni luce, gli angoli sottesi diventano troppo piccoli per essere misurati persino dal satellite Hipparcos, precursore di Gaia. Di conseguenza, su circa 100 miliardi di stelle che popolano la galassia della Via Lattea, oggi abbiamo misure accurate per un campione di 100.000 stelle.

Gaia sarà in grado di misurare le parallasse con una precisione maggiore rispetto al lavoro fatto in precedenza, anche per stelle che si trovano fino a 30.000 anni luce. Gli scienziati avranno presto misure molto precise per le distanze stellari, per circa un miliardo di stelle che sta mappando il satellite Gaia, ma ovviamente si tratta ancora dell’1% di stelle presenti nella nostra galassia.

Il ricorso al metodo dei “doppioni” per le distanze tra stelle lontane

Per le stelle più distanti, gli astronomi dovranno utilizzare ancora quei modelli basati sulle proprietà fisiche delle stelle, vale a dire la temperatura, la composizione chimica e la gravità superficiale, utilizzando l’informazione dallo spettro risultante, assieme ad un modello evolutivo per stimarne la luminosità intrinseca e per determinare la distanza. Tuttavia, questi modelli possono avere un’imprecisione dell’ordine del 30%. “Utilizzare un modello significa anche utilizzare un numero di assunzioni semplificate, come ad esempio assumere il fatto che le stelle non ruotino, il che non è vero” ha detto Thomas Madler dell’Università di Cambridge e co-autore dello studio. “Perciò le distanze stellari ottenute attraverso questi modelli indiretti dovrebbero essere considerate cum grano salis” ha sentenziato.

I ricercatori hanno sviluppato un modello per determinare le distanze tra le stelle che si basa sulla ricerca di “doppioni”: stiamo parlando di due stelle con spettri identici. Utilizzando un insieme di 600 stelle per le quali sono disponibili spettri ad alta risoluzione, gli astronomi hanno trovato 175 coppie. Per ciascuna coppia è nota la parallasse di una delle due stelle. Gli astronomi hanno scoperto che la differenza relativa alle distanze delle coppie stellari è direttamente correlata alla differenza della loro luminosità apparente, il che significa che le distanze possono calcolarsi in maniera accurata senza ricorrere all’utilizzo di modelli.

Il loro metodo, però, dà una differenza dell’8% rispetto alle misure note delle parallasse e l’accuratezza non diminuisce quando si tratta di considerare misure per oggetti più distanti. “Si tratta di un’idea abbastanza semplice, così semplice che risulta difficile che nessuno ci abbia mai pensato prima”, ha detto Jofre Pfeil. “Più una stella è distante e più debole appare nel cielo, e se due stelle hanno poi uno spettro identico, allora possiamo utilizzare la loro differenza di luminosità per ricavarne la distanza”.

Visto che lo spettro utilizzato per una singola stella contiene circa 280 mila punti-dati, confrontare interi spettri di stelle differenti sarebbe un grande spreco di tempo e dati. Perciò, i ricercatori hanno selezionato 400 righe spettrali da utilizzarsi per l’analisi comparativa. Queste particolari righe sono quelle che forniscono l’informazione più immediata sulla stella, un pò come quando si confrontano le foto di alcuni individui e poi si analizza una particolare caratteristica per riuscire a distinguerli.

Il passo successivo sarà quello di compilare un catalogo stellare per cui siano disponibili misure accurate di distanze e poi si passerà a cercare dei doppioni stellari negli altri cataloghi per cui non sono disponibili le misure. Anche se il metodo è limitato in qualche modo dal fatto di osservare stelle doppioni, grazie alla nuova generazione di telescopi più potenti, sono ora disponibili spettri ad alta risoluzione di milioni di stelle. Ma con telescopi ancora più potenti, gli spettri potrebbero essere disponibili ben presto anche per quelle stelle che sono al di fuori della portata di Gaia, perciò gli scienziati sono convinti che il loro metodo rappresenterà uno strumento alquanto potente che potrà rappresentare una valida alternativa alla missione di Gaia.

“Questo metodo sostanzialmente robusto serve per estendere la scala delle distanze cosmiche in un modo davvero speciale. Ci sono buoni presupposti che esso possa diventare estremamente importante man mano che i grandi telescopi, attualmente in fase di costruzione, permetteranno osservazioni dettagliate di stelle anche in altre galassie sulla base dei nostri studi locali e dettagliati grazie alle osservazioni di Gaia”, ha concluso Gerry Gilmore dell’Università di Cambridge, Principal Investigator per il gruppo inglese che fa parte della missione di Gaia e co-autore dello studio.