Le stelle: storia, nascita, formazione e molto altro

26 Apr 2015

From the OSR Blog

Ce ne sono milioni, forse anche miliardi ma solo una piccola parte è visibile all'occhio umano quando guardiamo il cielo notturno. Sono le stelle naturalmente e chissà quante volte capita di volerle provare a contare. La stella è un corpo celeste luminoso in grado di produrre un'enorme quantità di energia al suo interno che viene emanata nello spazio e all'esterno dell'astro generando un campo magnetico.

La stella più vicina alla Terra è il Sole, fondamentale per la vita sul nostro pianeta, un astro immenso anche se, paragonato alla grandezza di altre stelle, può considerarsi di medie dimensioni. Il Sole è la stella relativamente più vicina alla Terra, dista appena 150 milioni di chilometri e la luce che emana è tale oscurare durante il giorno tutte le altre stelle. Generalmente in astronomia per misurare la massa delle stelle, così come delle galassie viene utilizzata l’unità di misura delle masse solari. Si parla inoltre di dimensioni delle stelle, ne esistono di pochi chilometri così come di miliardi di chilometri come nel caso delle supergiganti o ipergiganti. Se si pensa alla loro associazione, dobbiamo considerare non solo la presenza di stelle singole ma bensì anche di ammassi stellari o di sistemi multipli, tenuti insieme dalla forza di gravità, che in alcuni casi con l’aggiunta di nubi e gas di polveri vanno a formare delle vere e proprie galassie. Un’altra caratteristica fondamentale è la luminosità delle stelle. Ogni stella ha diversa luminosità, che varia da stella a stella. Non tutte possiedono la stessa brillantezza e questo è dovuto principalmente alla loro distanza e distribuzione irregolare nell’universo e sostanzialmente alla loro massa, infatti una stella con una grande massa può risultare decine di migliaia di volte più luminosa rispetto ad una stella con una piccola massa.

Come nascono le stelle?

Ma come nascono le stelle? Ebbene la loro formazione avviene all’interno di nubi molecolari, degli addensamenti di gas presenti nel mezzo interstellare. Quest’ultimo è il materiale rarefatto composto da gas e polvere che si trova tra le stelle presenti in una galassia. Il mezzo interstellare è pieno di energia prodotta sotto forma di radiazione elettromagnetica che si diffonde nello spazio fisico presente tra le galassie. Tornando alle nubi molecolari, quando queste manifestano fenomeni di instabilità gravitazionale causati ad esempio da onde d’urto di una supernova (un’esplosione stellare) o dalla collisione tra galassie avviene un addensamento di materia che, secondo il processo di collasso gravitazionale, inizia a comprimersi sotto l’influenza della sua stessa forza di gravità. Questa nuova regione nebulosa si trasforma in densi agglomerati di gas e polveri oscure che danno inizio alla formazione di una protostella, inizialmente circondata da un disco che ne accresce la massa. Se la massa acquisita è relativamente inferiore a certi parametri nascerà una nana bruna, se l’indice di massa risulta  medio si formerà una stella pre-sequenza principale; mentre se la massa è notevole allora la stella raggiungerà direttamente la fase di sequenza principale.

Nella fase di sequenza principale accade che le stelle trasformano  l’idrogeno del proprio nucleo in elio a temperature molto elevate. Questa fase, affinchè si realizzi, prende buona parte del loro ciclo vitale e la durata del processo dipende inoltre dalla loro massa iniziale e dalla luminosità. Come già detto le stelle più massicce consumano il loro combustibile molto più velocemente ed hanno una vita più breve rispetto alle stelle di massa minore che bruciano l’idrogeno in maniera lenta vivendo più a lungo. Dopo la sequenza principale, le stelle piccole, attraverso un processo di riscaldamento, divengono per breve tempo delle stelle azzurre per poi ridimensionarsi in nane bianche. Quelle di massa media aumentano la propria temperatura dando origine ad una serie di processi chimici che interessano il nucleo, mentre gli strati esterni si espandono e gradualmente si raffreddano assumendo una colorazione rossastra. Dopo una fase di forte instabilità diventano stelle brillanti di tipo giganti rosse. Le stelle massicce al termine della sequenza principale si espandono divenendo supergiganti rosse; l’elio si fonde in carbonio e dopo questo processo avviene una serie di collassi ed aumenti di temperatura durante i quali altri elementi più pesanti, come il silicio, il neon e lo zolfo vengono sintetizzati.

L’uomo e le stelle: storia delle osservazioni

Fin dai tempi più antichi l’uomo si è dedicato ad osservare le stelle, chiedendosi cosa sono le stelle. Molto spesso, come è risaputo, anche per cercare di dare una spiegazione alle proprie vicende terrene o per prevedere gli avvenimenti futuri, aspettando un regalo dal cielo o un evento nefasto. Queste credenze insieme alla voglia di poter avere un seppur minimo controllo dell’ignoto, lo spinsero alla creazione delle costellazioni, attribuendone a ciascuna un nome. La relazione dei nostri antenati con l’osservazione del cielo non si fermò qui, cominciarono a sorgere anche dei monumenti megalitici, come il complesso di Stonehenge che molti studiosi vedono come il tentativo di un antico osservatorio astronomico con un significato particolare per la determinazione del solstizio e dell’equinozio, anche se lo scopo del suo utilizzo risulta ancora dibattuto.

I popoli delle prime civiltà antiche, in particolare quella dei sumeri nel II millennio a.C., si preoccuparono di perfezionare il sistema delle costellazioni, oltre a creare i primi calendari che registravano i vari fenomeni atmosferici in modo da scandire il ciclo delle stagioni. Dimostrarono buone conoscenze astronomiche anche gli egizi ed i fenici, che già si riferivano all’Orsa Minore come mezzo di orientamento nella navigazione ed alla stella polare per l’indicazione del Nord. I greci oltre ad aggiungere diverse costellazioni a quelle già esistenti, assegnarono i nomi delle loro divinità ad alcune stelle particolari, che sembravano muoversi rispetto ad altre fisse, salvo poi scoprire che si trattava dei pianeti del sistema solare. Nel Medioevo le osservazioni si ridussero drasticamente perchè si accettava l’idea della cosmologia aristotelico-tolemaica che voleva la Terra al centro dell’universo ed i restanti corpi celesti ruotanti attorno ad essa. Tuttavia le idee degli astronomi Brahe e Galilei confutarono questa teoria con l’affermazione del sistema eliocentrico che vedeva il sole al centro del sistema solare e dell’universo ed i pianeti che giravano intorno. Qualche tempo dopo Giordano Bruno ipotizzò che le stelle erano come altri soli e che probabilmente attorno ad esse potessero orbitare nuovi pianeti forse simili alla Terra.

Gli studi proseguirono negli anni e verso la fine del Settecento l’astronomo William Herschel, scopritore dei sistemi stellari, tentò di misurare la distribuzione delle stelle nello spazio, eseguendo delle misurazioni in centinaia di direzioni diverse e contando le stelle contenute nella porzione di ciascun campo visivo. Nell’Ottocento gli studi si concentrarono sulla conoscenza della distanza tra le stelle e sulla determinazione della loro massa a partire dai loro parametri orbitali. Nel Novecento un valido aiuto per lo studio delle stelle fu l’avvento della fotografia, grazie ad essa fu possibile analizzare la magnitudine stellare partendo dal colore di una stella e dunque dalla sua temperatura effettiva.

Recentemente l’evoluzione tecnologica ha consentito agli studiosi di osservare stelle poste in altre galassie, distanti anche cento milioni di anni luce dal nostro pianeta. Negli anni novanta, inoltre, sono stati scoperti nelle vicinanze di un numero cospicuo di stelle numerosi pianeti extrasolari che al momento risultano essere più di ottocento. Come si è già detto, i primi a dare un nome alle stelle furono gli arabi e poi i greci ed i latini. Tuttavia nel Seicento si iniziò a dare alle stelle i nomi a seconda delle costellazioni a cui appartenevano. Il primo tentativo venne dall’astronomo tedesco Johann Bayer che si servì delle lettere dell’alfabeto greco, associando alla stella luminosa la prima lettera e così a seguire, ma presto si rese conto che l’alfabeto greco era troppo limitato per ricoprire il numero di tutte le costellazioni; pensò quindi di ricorrere alle lettere minuscole dell’alfabeto latino una volta terminate quelle greche. Fu il turno dell’astronomo inglese John Flamsteed che inventò un sistema di nomenclatura basato sull’utilizzo di numeri, il primo numero però non veniva assegnato all’astro più luminoso bensì a quello con un’ascensione retta, ossia una longitudine, più bassa. A seguito della scoperta di un numero di stelle sempre più crescente, si decise di adottare una nomenclatura che utilizzasse le lettere maiuscole dell’alfabeto latino seguite dal genitivo della costellazione di appartenenza. L’alfabeto seguiva l’ordine contrario a quello usuale ed una volta che le lettere venivano esaurite si ripartiva da capo raddoppiando i grafemi. La creazione di altri sistemi di nomenclatura ha dato origine alla redazione di nuovi cataloghi stellari; tuttavia oggi il solo ente abilitato a dare un nome alle stelle è l’Unione Astronomica Internazionale.

La temperatura delle stelle e la loro classificazione

Le stelle vengono classificate in base a quella che in astrofisica viene denominata temperatura superficiale, risultato della loro emissione luminosa. La temperatura degli astri prevede una divisione in classi a ciascuna delle quali è assegnata una lettera maiuscola, le lettere associate alla temperatura seguono un ordine decrescente, nello specifico: O, B, A, G, K, M. Quelle appartenenti alla classe (O) sono le più luminose, visibili da molto lontano ma risultano anche essere le meno numerose; quelle di tipo (M) rosse e non molto grandi sono invece le più comuni. Vi sono anche altre classificazioni spettrali, quelle più diffuse utilizzate per indicare le nane rosse meno massicce e scure identificate dalla lettera (L) e le nane brune (T); o ancora le stelle al carbonio con le lettere (C, R, N) o quelle più evolute di Wolf-Rayet (W).

Le seguenti tipologie spettrali sono ulteriormente suddivise in dieci sottoclassi comprese tra 0 (stella più calda) e 9 (stella meno calda) che affiancano le lettere dell’alfabeto. Questo sistema si basa ovviamente sulla temperatura superficiale di ogni astro ed è conosciuto come classificazione spettrale di Morgan-Keenan-Kellman.

Le stelle nel corso della loro vita sono soggette a cambiamenti che riguardano la loro luminosità, il raggio e la temperatura. Ma il ciclo di vita di un astro e la sua evoluzione varia dai milioni ai miliardi di anni ed è impossibile per l’uomo seguirne l’intero ciclo vitale. Per questo motivo gli studi si concentrano su popolazioni stellari che comprendono stelle in distinte fasi della loro vita e si costruiscono dei modelli fisico-matematici che riproducono i diversi stadi vitali e le proprietà di ciascuna stella. Paradossalmente quanto più una stella risulta avere una massa notevole tanto meno durerà la sua esistenza.

Vita delle stelle, i moti spaziali e la magnitudine

Anche se vivono a lungo le stelle non sono eterne. Nel processo di “invecchiamento” il nucleo non riesce a tollerare più la sua stessa massa e di conseguenza va incontro ad un collasso, mentre la stella comincia a perdere gli strati più esterni che vengono espulsi in maniera più o meno violenta. L’onda d’urto che ne deriva comporta l’esplosione della stella che, nel caso di quelle con masse notevoli, viene indicata col termine di supernova. L’età di una stella, come accennato prima, varia tra uno e dieci miliardi di anni ed è strettamente legata alla massa che l’astro possiede al momento della sua formazione. Il nucleo, infatti, nelle stelle con una massa notevole, fonde l’idrogeno a temperature molto elevate producendo una quantità di energia superiore rispetto alle stelle meno massicce che, a differenza di quelle con massa superiore (ciclo di vita di circa un milione di anni), riescono ad avere un’esistenza compresa tra le decine e le centinaia di miliardi di anni.

Molto utili per determinare l’età delle stelle oltre all’origine e l’evoluzione di un’intera galassia sono i moti spaziali. I componenti del moto sono la velocità radiale ed il moto proprio. Con il primo termine si fa riferimento alla velocità dell’astro che può essere in avvicinamento o allontanamento dal sole e si basa sullo spostamento delle linee spettrali misurate in km/s; mentre il moto proprio è determinato con particolari misure astrometriche e può rappresentare l’unità di misura della velocità una volta conosciuta la misura delle parallasse, ossia quel fenomeno per cui un oggetto che si osserva sembra spostarsi se si cambia il punto d’osservazione.

Quando si parla di brillantezza di una stella si deve tenere presente la luminosità solare, ossia l’unità di misura utilizzata per esprimere le luminosità delle stelle o oggetti solari più grandi come le galassie. La quantità di luce emessa da un astro viene misurata tramite la magnitudine che può essere apparente o assoluta. Quella apparente tiene conto della luminosità percepita dall’osservatore, a sua volta correlata alla distanza della stella dalla Terra e dai disturbi della visibilità provocati dall’atmosfera terrestre; mentre quella assoluta si riferisce alla luminosità intrinseca dell’oggetto, senza tener conto delle condizioni in cui si trova l’osservatore.

Le stelle sono un regalo del cielo e guardarle rimane sempre affascinante. Aiuta a isolarsi dal mondo esterno, stimola la riflessione, offre una sensazione di pace mentre si è intenti ad osservarle e capirne i misteri che forse ci nasconderanno ancora a lungo.