Come capire la teoria della relatività
Nel 1800 i fenomeni fisici erano semplificati nelle spiegazioni della legge sulla forza di gravità di Newton, mentre i fenomeni elettromagnetici, erano spiegati con le leggi sull'elettromagnetismo di Maxwell. Due teorie completamente opposte, che nel 1900 dovevano trovare un punto d'incontro. A questo ci pensò Albert Einstein con la teoria della relatività.
Ma andiamo con ordine. Di seguito l'indice dei paragrafi
- La relatività Galileiana
- La teoria della relatività
- Equazione di campo
- La relatività ristretta
- Cosa significa tempo relativo?
- Lo studio dei buchi neri
La relatività Galileiana
Il primo ad elaborare le leggi sulla relatività fu l’italiano Galileo Galilei agli inizi del 600, secondo cui non è possibile stabilire se un sistema, che viaggia a velocità costante, sia fermo o in movimento, a meno che non subentrino variabili che ne permettano il riconoscimento. Come spiegò Galileo, se si fa gocciolare dell’acqua in un secchio in una nave, a paratie stagne, che viaggia a velocità costante, le gocce non cambieranno movimento.
Non importa quale sia la velocità, purché sia sempre uguale durante la sua traiettoria, ossia costante. Solo guardando fuori dall’obló si potra capire se si è fermi o in movimento, orientandosi attraverso un punto fisso, in questo caso la terraferma.
Punto fondamentale è la trasformazione galileiana: prendiamo come esempio il tapis di un aeroporto. Esso viaggia a velocità costante. A questo punto un passeggero sale, ed inizia a camminare. Un osservatore, al bordo del tapis, vede quindi il passeggero correre più veloce rispetto al tappeto, mentre chi è sopra è solidale alla velocità del tappeto.
Di conseguenza si sposta a velocità denominata V0. L’ osservatore al bordo, che percepisce il passeggero ad una velocità maggiore, vede V0 sommata alla velocità del tapis, chiamata U. Ecco perché la velocita del passeggero è calcolata con la formula V0+U. Se il tapis si ferma, il passeggero continua la sua corsa a V0, ecco perché V=V0.
Motivo per cui, con velocità costante, il punto di vista di chi si muove e di chi sta fermo sono entrambi validi, perché nessuno dei due si trova in una posizione privilegiata nei confronti dell’altro. Questo principio Galileo lo applicó a tutto ciò che in natura.
La teoria della relatività
La relatività galileiana fu un fondamento per le leggi della fisica, ma si basava su situazioni la cui velocità era ben al di sotto di quella della luce: ed ecco per cui intervenne Einstein. Estese questa legge a qualsiasi fenomeno presente in natura, anche perché nell’arco temporale trascorso tra Galilei e Einstein, ci furono altre scoperte. Il fisico tedesco si concentrò soprattutto su ciò che si muove a velocità elevate, prossime a quella della luce. Secondo Einstein, lo spazio ed il tempo non sono fissi, ma si deformano quando un oggetto si muove a velocità molto elevate, paragonabili a quella della luce, o in vicinanza di corpi con estensione molto ampia.
Equazione di campo
Parte principale della teoria della relatività generale è l’equazione di campo: è fondamentale per capire la teoria della relatività generale. Essa descrive la curvatura dello spaziotempo e in funzione di tre valori, ossia la densità della materia, dell’energia e della pressione.
In base alla massa corrisponde una deformazione spazio-temporale, e anche la luce, risentendo di questa massa, viene deviata, dando origine ad un arco gravitazionale.
Questa teoria, nel 1915, soppiantò la legge di Newton.
La relatività ristretta
La relatività ristretta, a differenza di quella generale, si riferisce a sistemi di riferimento inerziali, ossia che non cambiano, sia che il movimento sia nullo, sia che ci si muova anche a grandi velocità, purché costanti, come lo è la velocità della luce ossia 300mila km/s.
Einstein, con la sua teoria, rivoluziona la fisica classica: per quest’ultima il tempo e lo spazio sono due valori indipendenti tra di loro e assoluti. Per Einstein, invece, non esistono due unità separate, ma bensì un solo valore spazio-tempo relativo, in cui il tempo rallenta e lo spazio si contrae nel caso in cui un oggetto si sposti velocemente.
Teoria del tempo relativo
Einstein dimostrò così che due oggetti, uno fermo e uno in movimento, non avrebbero più avuto lo stesso tempo.
Famoso l’esperimento degli aerei per avvalorarne la tesi. Due orologi perfettamente sincronizzati furono piazzati alle stesse condizioni su due aerei: uno avrebbe circumnavigato la terra da est a ovest, e l’altro da ovest a est. Ritornati al punto di partenza, i due orologi erano impercettibilmente diversi.
Allora perché non ci accorgiamo di questi cambiamenti nella vita di tutti i giorni? È presto detto: perché le velocità a cui siamo abituati noi non ha variazioni influenti, perché troppo basse rispetto alla velocità C, ossia la velocità della luce. Se noi creassimo una linea su cui inserire a sinistra tutti i mezzi di locomozione da 0 al più veloce, ossia un razzo spaziale, e a destra il coefficiente C, ossia la velocita di luce, che precisamente corrisponde a 299792 km/s, si noterebbe quanto infinitesimale sia il rapporto tra il valore più alto, ossia la luce, e quello dei mezzi di locomozione.
Per fare un esempio, un razzo, ossia il più veloce, viaggia a venti km/s, ma essendo quasi 15mila volte inferiore alla velocità della luce, l’effetto relativistico avviene, ma in maniera cosi infinitamente piccola che è impossibile percepirla. Inizia a notarsi quando la velocità dell’oggetto si avvicina a quella della luce.
Nella fisica odierna, questo avviene nelle particelle degli acceleratori. In base a questa teoria, avere una velocità più vicina a quella della luce significa rallentare il tempo. Se ci si potesse spingere alla velocità della luce, il tempo si fermerebbe, creando quindi la sensazione di infinito.
Se invece si potesse viaggiare ad una velocità superiore ai 300mila km/s, il tempo tornerebbe indietro.
Lo studio dei buchi neri
Nell’universo esistono forze in grado di annullare la teoria di relatività spazio-tempo. Sono così potenti e di alta densità che nemmeno la luce riesce sfuggire al loro campo gravitazionale: stiamo parlando dei buchi neri.
Quando una stella, di massa superiore cinque volte a quella del sole, muore, genera un’esplosione: è così potente, che la deflagrazione sviluppa una luce pari a miliardi di soli. Questo avviene perché il nucleo arriva ad una temperatura di oltre mille milioni di gradi centigradi: gli elementi più leggeri si fondono con quelli più pesanti finché il nucleo non si ripiega su se stesso ed emana un’onda d’urto così potente che si propaga sulla superficie esterna.
La stella, in questo modo, sprofonda nella curvatura spazio-tempo ed un buco nero si forma al centro: la stella esplode, diventando una supernova. Quando nel corso degli anni la polvere si deposita, rimane solo un buco nero, con una massa di un milione di volte quella della Terra, ma un milione di volte più piccola. La forza di gravità però è potentissima, e risucchia tutto ciò che entra nella sua onda gravitazionale, compresa la luce, scomparendo. È letteralmente un buco nell’unità spazio-tempo.
Gli astronomi hanno notato che in ogni galassia, al centro c’è un buco nero. Di particolare rilevanza una galassia chiamata M87 il cui buco nero centrale ha la massa di quattro miliardi di soli. E la via Lattea? Alcuni esperti dell’astronomia affermano che al centro c’è un nucleo di stelle che viaggiano a 5milioni km/h. Hanno stimato la presenza di una consistenza che ha una massa superiore al sole di quattro milioni di volte. È la prova che al centro della nostra galassia c’è un buco nero massiccio.
Uno degli studiosi che ha impegnato gran parte delle sue conoscenze per capire i buchi neri è stato Stephen Hawking: la sua teoria sostiene che i buchi neri aumentino la temperatura in base alla massa che riesce ad irradiare. Per questo motivo la temperatura aumenta esponenzialmente, e il risultato finale è un’esplosione all’interno del buco nero ed un potente fascio luminoso di raggi gamma. Nonostante i vari studi, ancora molta strada è da fare per studiare gli effetti di un buco nero: per esempio non è chiaro se, una volta assorbite, le particelle continuino a mantenere informazioni riguardo il loro stato e la loro forma, o se vengano modificate fino alla dissolvenza del buco stesso.
Proprio perché in assenza di luce, un buco nero non era individuabile, se non studiando gli effetti sullo spazio circostante. Solo recentemente l’Event Horizon Telescope ha ripreso un’immagine reale di un buco nero.
Si può ricreare un buco nero in laboratorio?
Risolvendo le equazioni idrodinamiche di Einstein, un equipe di studenti di Princeton ha scoperto che creare un buco nero è molto più facile di quanto si potesse pensare. Tuttavia anche se fosse microscopico, causerebbe la distruzione del nostro pianeta. Per questo motivo, per ora, ogni teoria è messa in pratica tramite simulazioni di computer sofisticati.