Fuochi fatui: leggenda o realtà?
I fuochi fatui, chiamati anche corpi santi, sono fenomeni che si verificano nei cimiteri, nelle paludi e negli stagni.
Quando Jules Verne definiva la Terra come il più affascinante dei misteri, non si riferiva solamente ai fenomeni vulcanici. Tra i tanti prodigi descritti nei suoi romanzi, dalle profondità marine alla fauna più esotica, tutti danno al lettore la certezza di avere sotto ai piedi il più grande dei misteri. Non si parla solamente di fenomeni violenti, ma anche di ciò che si verifica sul pianeta con la stessa lentezza della goccia d’acqua sulla roccia.
È questo il caso dei fuochi fatui, manifestazioni di natura fisica e chimica, che secondo Alessandro Volta interagivano con i fulmini. Fu lui a teorizzarli per primo verso la metà del ‘700, facendo seguito, con una sintetica definizione scientifica, a secoli di interpretazioni popolari e suggestive ipotesi. Oggi neppure la recente riproduzione del fenomeno in laboratorio, operata da un team dell’Università di Pavia, è riuscita a chiarire tutti i dubbi.
Resta chi ne ha fatto e ne continua a fare esperienza diretta e che descrive il fuoco fatuo, senza nascondere un po’ di palpitazione, come una debole fiammella cerulea o blu capace di spezzare, anche solo per un attimo, il buio della notte più scura. La scienza ne parla dal suo punto di vista, ma anche l’immaginazione, che da sempre subisce il richiamo del metafisico, non è da meno nel definire teorie affascinanti. Vediamo nel dettaglio cosa dicono entrambe su un fenomeno raro quanto attraente. Chi dirà l’ultima parola?
Cos’è un fuoco fatuo? E da cosa è creato?
Questa tremolante luminosità, simile a piccole fiamme di luce, appare improvvisamente. Può dare l’impressione di essere sospesa in aria e non è infrequente vederla comparire vicino all’acqua, nei pressi del mare, di un lago o di una palude, dando all’incredulo osservatore l’impressione di guardare qualcosa di etereo e fluttuante.
Il fuoco fatuo può essere azzurro, ma anche giallo o rosso intenso e rivelarsi come una specie di scintilla che dura una decina di secondi, di più molto raramente. Dal latino fatuus, che significa evanescente, a differenza del fuoco vero e proprio, il fuoco fatuo non è mai accompagnato dal fumo, e se trapassa qualcosa non la danneggia.
Sulla vera natura di questo inaspettato fenomeno, ci sono varie teorie.
Le più accreditate parlano di gas prodotti durante la putrefazione dei cadaveri di essere umani e animali.
Questi gas si incendiano a contatto con l’aria perché reagiscono con l’ossigeno. In particolare, il metano liberato dalla decomposizione delle salme in presenza di anidride carbonica e di fosfina produce dei fenomeni di autocombustione.
Altre teorie, suffragate dalle parole di molti testimoni che descrivono il fuoco fatuo come una luce fredda, sostengono la tesi della chemiluminescenza della fosfina e non della combustione.
Secondo altri studiosi, i responsabili dei fuochi fatui sarebbero i sali di silicio contenuti nelle ossa con la loro fosforescenza.
Dove si incontra questo fenomeno?
Le teorie scientifiche rispondono anche ad altri interrogativi, più propriamente legati ai luoghi fisici nei quali si possono osservare i fuochi fatui.
Gli avvistamenti avvengono generalmente nei pressi dei cimiteri anche se ciò accadeva molto più frequentemente in passato. Un tempo le bare non venivano sigillate e ciò permetteva ai gas di uscire facilmente e di filtrare dalla terra. Ciò spiegherebbe anche la brevità del fenomeno stesso, determinata proprio dall’osservatore che avvicinandosi dirada involontariamente il nucleo dei gas.
Vedere oggi un fuoco fatuo è davvero difficile, ma se accade ciò si verifica soprattutto nei pressi di acqua stagnante.
Nelle zone paludose il fenomeno è reso ancora più scenografico dal microclima presente in questo tipo di luoghi. L’estate e l’autunno sono le stagioni migliori per tentare un avvistamento, mentre le ore più favorevoli sono quelle notturne e crepuscolari. Nei pressi degli stagni il fenomeno dei fuochi fatui è spesso accompagnato da uno strato di nebbia chiara e spessa che in passato ha contributo alla nascita di una ricca tradizione di storie leggendarie in proposito.
Fuochi fatui nei miti e nelle leggende
Sono così tante le leggende nate intorno ai fuochi fatui, che consentono davvero di fare il giro del mondo.
Iniziando da ciò che maggiormente si conosce, c’è la tradizione cristiana che li ha definiti corpi santi perché ricordano il Fuoco di sant’Elmo, una delle più suggestive manifestazioni di elettricità nell’atmosfera.
Per gli antichi egizi, i fuochi fatui erano la traccia evidente della vita virtuosa di un defunto mentre in occidente sono stati spesso riconosciuti come apparizioni di spettri e fantasmi, soprattutto dannati.
In Svezia si pensava che fossero le anime dei bambini nati morti o non battezzati, attirati verso l’acqua da una forza divina che tentava di sottrarli al loro limbo.
Nell’antica cultura anglosassone, i fuochi fatui sono associati alla figura leggendaria di Jack-o’-Lantern, condannato a vagare tra i viventi con un carbone acceso in mano per scontare le sue colpe.
In questo folklore, i fuochi fatui sono stati spesso interpretati come fate o folletti dispettosi abituati a spaventare le persone con bagliori improvvisi che facevano perdere l’orientamento.
In Giappone sono conosciuti come Hitodama ovvero come delle sfere evanescenti. Si tratterebbe delle anime di individui morti da poche ore e che si mostrano ai viventi come luci blu o verdi, in particolare durante l’estate e vicino ai luoghi di sepoltura.
Sempre nella tradizione giapponese, fanno la loro comparsa come Kitsunebi ovvero demoni con sembianze di volpe, che si mostrano nella notte come piccole luci dal colore variabile a seconda del tipo di presagio che rappresentano. Anche in Svizzera i fuochi fatui sono spesso considerati come ambasciatori di eventi dolorosi.
A tutte queste leggende, testimoni inconsapevoli della naturale inquietudine dell’animo umano, si aggiungono poesie, sceneggiature di film e trame di romanzi e racconti gotici e creepy, ispirati da questo inconsueto fenomeno. Tra questi brillano le parole di Fabrizio de André che descrivendo il fuoco fatuo in un celebre brano, tenta di fornire una risposta definitiva: nella disputa centenaria tra spiegazioni fisiche e metafisiche, egli suggeriva di conservarle tutte, in una sintesi perfetta.