Il passato “focoso” della Luna
Durante la missione Apollo, sul suolo lunare è stata riscontrata la presenza di granelli di vetro vulcanico. Ciò proverebbe il fatto che molto tempo addietro, nel nostro satellite, si siano verificati dei fenomeni di eruzione vulcanica, che hanno comportato anche l'emissione di grosse quantità di lava.
Un gruppo di studiosi statunitensi della Brown University, in collaborazione con la Carnegie Institution for Science, sembra aver scoperto che la causa di queste eruzioni risieda in un gas volatile.
Eruzioni lunari: le “fontane di fuoco”
Questi fenomeni lunari prendono il nome di “fontane di fuoco” ed affinchè si verifichino, necessitano della presenza, oltre che della lava, di sostanze volatili. I composti volatili tendono appunto ad evaporare, ma vengono accompagnati dalla lava presente negli strati più profondi del corpo roccioso. Al momento dell’eruzione, il gas in espansione, insieme alla pressione esercitata dal magma, crea una pressione notevole che comporta un’esplosione intensa e la conseguente fuoriuscita della lava.
Alberto Saal, professore associato di Scienze Terrestri, Ambientali e Planetarie della Brown University, è intervenuto spiegando che il problema per molti anni è stato quello di capire quale gas causava questi fenomeni eruttivi sulla Luna, e dacché questo composto risulta esaurito, il compito si è presentato fin da subito molto complesso.
Il lavoro degli studiosi è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Geoscience”, e lascia intendere che la lava emessa dalla Luna contenesse notevoli quantità di carbonio. Il solido in questione combinandosi con l’ossigeno ha dato origine al monossido di carbonio, che con molta probabilità sarebbe il gas volatile, causa primaria di queste eruzioni.
Sebbene per molto tempo si è creduto che sulla Luna non esistessero gas voltatili, recentemente sono state individuate tracce di sostanze volatili in alcuni campioni lunari. È stata poi scoperta la presenza di fluoro, cloro e zolfo, tuttavia si riteneva che questi elementi non fossero correlabili con i fenomeni delle fontane di fuoco.
Tornando allo studio, i ricercatori si sono concentrati nell’analisi dei campioni di granelli di vetro riportati dopo le missioni Apollo. Questi resti presentavano dei granelli di magma inglobati in cristalli di olivina. Questi ultimi riescono a catturare i gas presenti nel magma prima che evaporino.
Inoltre, i progressi tecnologici nella misurazione del carbonio hanno consentito di svolgere indagini molto più accurate. Un aiuto considerevole è venuto dal NanoSIMS della Carnegie, capace di rilevare la minima presenza di carbonio su oggetti anche molto piccoli. Nei campioni in esame sono state trovate da 44 a 64 parti per milione di carbonio.
Saal è arrivato alla conclusione che grossi quantitativi di carbonio avrebbero contribuito alla formazione del gas sotto la superficie lunare, mentre altre sostanze volatili, fra le quali l’idrogeno, sarebbero state espulse in un secondo momento, quando il magma era appena sotto la superficie del satellite e la lava si frammentava in piccoli cristalli.
Similitudini di presenza gassosa tra Terra e Luna
I risultati hanno portato anche a considerare la similitudine tra le quantità di carbonio ritrovate nei cristalli di vetro e quella presente nella dorsale medio oceanica del nostro pianeta, una enorme catena montuosa appena sotto i nostri fondali. Il team di Saal aveva già provato la presenza comune di sostanze volatili tra la Terra e la Luna.
A questo proposito, è risaputa l’ipotesi difesa da molti scienziati secondo la quale la Luna si sia formata dopo che la Terra venne colpita da un oggetto delle dimensioni di Marte durante le sue prime fasi di vita. Dunque, i detriti originati da tale impatto avrebbero consentito la formazione del nostro satellite.
Tornando alle prove raccolte sulle sostanze volatili, appare plausibile una duplice ipotesi secondo la quale gli elementi gassosi presenti sulla Terra siano rimasti bloccati all’interno della Luna a seguito dell’impatto, oppure che la loro presenza su entrambi i corpi celesti sia dovuta ad un bombardamento comune di meteoriti.
Diego Turrini, dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, ha concluso affermando che le ultime missioni spaziali hanno rilevato la presenza di elementi volatili anche su pianeti dove appariva improbabile vi fossero tracce di questo genere, come nel caso di Mercurio e dell’asteroide Vesta. Tutto questo ci porta a pensare che probabilmente questi elementi siano presenti nello spazio sin dall’origine del sistema solare.