La Nasa scopre un gigantesco buco coronale sulla superficie del Sole
Anno nuovo, vita nuova: anche per il Sole che manifesta agli arbori del 2015 in tutta la sua grandiosità un enorme “buco nero”. Meraviglia e stupore da parte degli stessi astronomi del Solar Dynamics Observatory della NASA, ai quali si deve il merito di avere fatto questa straordinaria scoperta.
Ma a cosa sono dovuti questi buchi coronali, e quali sono i possibili effetti sul nostro pianeta? L'astronomia si pone questa domanda. E lo stesso abbiamo fatto noi di OSR.
Tali interrogativi esigono delle risposte precise, perché essi saranno destinati a tenerci compagnia per un periodo tutt’altro che breve, dunque la curiosità è più che legittima.
Buchi coronali sul sole?? Ma di cosa si tratta nello specifico?
I “buchi neri sul Sole”, come sono comunemente definiti dai neofiti, non sono altro che aree in cui il campo magnetico globale si apre, consentendo ad una parte di atmosfera di “fuggire”.
E’ come se il campo magnetico terrestre, con amorevole generosità, consentisse alle particelle di sfuggire al proprio controllo, a velocità, si potrebbe dire, “non consentite”.
Il risultato di tanta accondiscendenza? Delle grandi macchie scure, più fredde e più buie, che costellano tutta la parte sottostante del Sole, in particolare quella corrispondente al Polo Sud, cagionate proprio dalla presenza di soglie di densità e di temperature meno elevate del normale.
Tali conclusioni sono state possibili anche grazie all’ausilio di potenti telescopi di terra, anche se nessuna immagine può essere messa a paragone con gli scatti ottenuti dal Solar Dynamics Observatory (SDO).
Quali sono i possibili effetti sulla Terra?
I buchi coronali sono anche conosciuti come sorgente del veloce vento solare. Come specificato infatti, il campo magnetico permette ad alcune particelle di fuggire a velocità molto più considerevoli rispetto a quanto generalmente accada.
E’ proprio questo fenomeno che da vita a venti molto potenti che, nel caso vengano a rivolgersi verso il nostro pianeta, potrebbero provocare seri danni. E’ il caso di temere dunque una tempesta solare?
Assolutamente no, ci tranquillizzano gli astronomi della NASA, da sempre impegnati a monitorare il nostro pianeta da possibili minacce …. extraterrestri!
Il flusso non è così intenso da poter impattare sul nostro campo terrestre . Al massimo, i più fortunati, avranno il privilegio di osservare uno spettacolo bellissimo: quello delle aurore.
La storia dei buchi coronali
Le prime immagini di questo fenomeno sono state scattate dagli astronauti delle missioni Skylab nel lontano 1973. Si tratta della prima stazione laboratorio americana, che venne lanciata in orbita con un vettore composto dai primi due stadi del Saturno V.
Fu la prima prova evidente della presenza di buchi coronali, stravaganti nella loro profonda realtà, perché mutevoli in base all’”umore” del Sole. In effetti, che il Sole avesse una corona costellata da buchi neri, non è una novità.
Ma ogni fedele riproduzione di tale fenomeno rappresenta, ogni volta, uno spettacolo di grandiose proporzioni. Quello che cambia è, oggi, la magnificenza delle immagini che ci vengono donate, immagini che non finiscono di stupire, anche a ragione dell’impegno profuso dagli astronauti per ottenerle.
Cosa ci si deve aspettare?
Il Solar Dynamics Observatory (SDO) ci ha regalato, in questi suoi quattro anni di esistenza, delle immagini mozzafiato, e questa dei buchi coronali rappresenta davvero una delle immagini più impressionanti del Sole. Una riproduzione di rara bellezza, perché destinata ad immortalare una realtà destinata a mutare.
Come ogni altro fenomeno esistente in natura infatti, anche la presenza di buchi coronali a noi visibili, non è da considerare permanente. Potremmo godere di questo favoloso spettacolo per soli cinque anni circa, o, forse, qualcosa in più.
Giova rammentare infatti che, non essendo la corona distribuita in maniera uniforme attorno alla superficie, essa è destinata di volta in volta a mutare, così che i buchi coronali siano presenti -nelle regioni polari- solo nei periodi di quiete, ossia nel periodo in cui la superficie è approssimativamente confinata nelle regioni equatoriali, lasciando spazio piuttosto alle macchie solari durante i periodi di attività solare.
Dunque, quello a cui stiamo assistendo, è uno spettacolo decisamente raro, e destinato a terminare, conosciuto oggi nella sua natura e negli effetti ad esso correlati. Ma chi esclude che possa, riservarci in futuro delle sorprese? In fondo tutto è possibile, perché rientra nell’immenso, profondo mistero dell’universo.