La supernova di Tycho: Notizie di Astronomia

25 Lug 2015

From the OSR Blog

Sono ormai passati secoli dall'ultimo avvistamento di una supernova nella porzione di Via Lattea a noi visibile. Tra le ultime, la SN 1572, osservata nel sedicesimo secolo la sera dell'11 novembre.


Con i moderni sensori applicati ai grandi telescopi, di stelle che muoiono esplodendo ne vengono scoperte ormai tante, ma sempre in galassie molto lontane dalla nostra. Tuttavia, dalle statistiche eseguite sulle supernovae, nelle galassie a spirale come la Via Lattea, un evento di questo tipo dovrebbe manifestarsi ogni trentacinque anni. Se ci si attende a questi dati, dall'ultima supernova osservata nel 1604, almeno una decina di eventi sarebbero dovuti avvenire alle "porte di casa".

Purtroppo, tutte le supernovae galattiche di cui si possiedono documentazioni storiche, si resero visibili prima dell’invenzione del telescopio. Anticamente, poco o nulla si sapeva di queste stelle “nuove”, come allora venivano chiamate, che di tanto in tanto comparivano nei cieli. In quel periodo, tra l’altro, era diffusa la concezione aristotelica dell’immutabilità dei cieli e le nuove stelle che apparivano nella volta celeste, venivano descritti come fenomeni connessi all’atmosfera terrestre.

Solo in estremo Oriente, ed in particolare in Cina, Corea e Giappone, la comparsa di queste nuove stelle indusse gli astrologi di quelle corti a registrarne l’apparizione nei loro annali, documenti che però restarono del tutto sconosciuti in Occidente. Tuttavia, dopo l’ultima apparizione di una supernova in Oriente, nel 1181, passarono ben quattro secoli perchè un fenomeno del genere potesse verificarsi in Europa. In quel tempo, la situazione culturale nel vecchio continente stava cambiando: gli astronomi orientali rimanevano sempre degli abili osservatori, ma la rinascita intellettuale in Occidente cominciò ad avere il sopravvento, soprattutto dopo le scoperte di Copernico e la pubblicazione del suo innovativo libro.

La stella nova in Cassiopeia

La luce della supernova raggiunse il nostro pianeta quando un certo Tycho Brahe cominciò ad osservarle con scrupolo, diventando il più grande astronomo all’epoca di Tolomeo.

Tycho nacque nel 1546, in quella parte di Svezia che all’epoca era parte del regno di Danimarca. Membro di una famiglia aristrocratica, venne dai genitori indirizzato verso lo studio del diritto, pur manifestando fin da subito il suo interesse per le scienze, passione indotta dallo zio chimico. A solo quattordici anni, l’osservazione di un’eclissi solare fece nascere in lui l’interesse per l’astronomia, che si rafforzò quando ventiseienne assistette alla ricomparsa di una supernova.

La sera dell’11 novembre 1572, mentre usciva dal laboratorio dello zio chimico, Tycho notò una stella luminosissima che non aveva mai visto prima, non lontana dalla Gamma Cassiopeiae, la stella centrale della famosa costellazione dalla forma a W. In pieno autunno Cassiopea appariva altissima sull’orizzonte e questo nuovo oggetto stellare non poteva passare di certo inosservato all’astronomo danese, che conosceva bene la volta celeste. Incuriosito dal nuovo astro, Tycho interpellò subito passanti e conoscenti chiedendo se quella stella fosse stata visibile anche nelle sere precedenti, ma non ricevette alcuna risposta soddisfacente. Tutti erano in grado di vederla in quel preciso momento, ma nessuno sapeva dire da quanto tempo quella stella si trovasse lì.

In altre terre lontane, il tedesco Schurler e l’italiano Mauricolo, entrambi astronomi avevano notato quella stella già da qualche giorno. La nuova stella di Cassiopea splendeva almeno da una settimana prima dell’osservazione di Tycho e purtroppo per lui egli non seppe mai di queste precedenti osservazioni.

Gli studi di Tycho sulla nuova stella

In ogni caso l’astronomo danese decise di seguire costantemente la stella notte dopo notte, con l’ausilio di un’ottima strumentazione in suo possesso. Anche se il telescopio non era stato ancora inventato, Tycho aveva costruito un ottimo sestante che impiegò da subito per delineare la posizione della nuova stella. Di quest’ultima riuscì a misurare la distanza angolare dalle altre stelle della costellazione, considerando tra l’altro anche la rifrazione della luce da parte dell’atmosfera, un complesso lavoro di astrometria per quei tempi, forse il primo nella storia.

Tycho sosteneva la teoria aristotelica, credeva che le stelle fossero buchi orbitanti attorno alla terra; ad ogni modo le sue osservazioni sulla costellazione di Cassiopea costituirono il punto di partenza per l’astronomia moderna.

Essendo Cassiopea una costellazione circumpolare, la nuova stella rimaneva sempre visibile, anche durante tutta la notte, ruotando attorno al Polo Nord celeste in prossimità della stella polare; questa particolarità consentì a Tycho di individuare la stella anche durante il giorno con la luce del Sole, proprio per la sua intensa luminosità. Dopo le settimane seguenti alla scoperta, la nuova stella iniziò a calare vistosamente di luminosità, divenendo sempre meno appariscente. Nel dicembre 1572 la sua luce era pari a quella di Giove, per diventare qualche tempo dopo appena visibile ad occhio nudo, scomparendo in seguito del tutto. Tycho potè quindi osservarla per un totale di 485 giorni, un periodo considerevole da far invidia anche ai più attenti osservatori moderni di stelle variabili.

Si poneva dunque il problema della definizione di questa nuova stella che tanto stupore aveva destato tra gli astronomi dell’epoca e Tycho in particolare. Si trattava forse di un fenomeno atmosferico secondo la concezione aristotelica? Ma lo stesso astronomo danese credeva poco alla favola che un fenomeno atmosferico potesse durare così a lungo con un oggetto che restava fisso sempre nella stessa posizione.

Dalle sue osservazioni risultava che la stella luminosa non aveva mostrato il benchè minimo spostamento rispetto alle altre stelle di fondo; osservandone la posizione da luoghi diversi, Tycho tentò di misurarne un eventuale spostamento rispetto alle altre stelle della costellazione, da lui ritenute ben più distanti. Con il metodo delle parallasse voleva determinare la distanza tra di esse e fin dai tempi di Ipparco si sapeva che la distanza della Luna equivaleva a circa trenta volte il diametro della Terra, valore non lontano dalla realtà; quindi, qualsiasi corpo celeste che avesse mostrato una parallasse inferiore a quella della Luna doveva per forza di cose essere più distante di essa: in altre parole, doveva far parte della sfera celeste.

Comunque, nonostante tutti gli sforzi ed i tentativi, Tycho non fu in grado di misurare alcun minimo spostamento della nuova stella di Cassiopea. Decise tuttavia di scrivere un libro sull’argomento dal titolo “De nova stella”, dove riportò il declino luminoso dell’astro e spiegò come la sua parallasse denotava l’appartenenza della stella ad una lontana sfera celeste.

Analizzando e studiando anche altre comete, Tycho dimostrò che queste non erano vapori incendiati nell’atmosfera, come si credeva, ma oggetti molto più lontani anche dalla stessa Luna. Ad ogni modo, il termine “nova” da lui inventato divenne di uso comune per designare tutte le stelle nuove che da lì in poi sarebbero apparse nei cieli. Per lo meno fino agli anni ’30 del Novecento, quando dopo l’apparizione della nuova stella dalla eccezionale luminosità apparsa nella galassia di Andromeda nel 1885, e di altre di uguale portata che gli astronomi W. Baade e F. Zwicky designarono con il termine di supernovae.