La scoperta del super-ammasso di stelle giovani
Vengono denominati ammassi globulari e si identificano come un insieme di stelle che orbitano al centro di una galassia. Generalmente questi enormi "cluster" sono composti da centinaia di migliaia di stelle vecchie che vengono sorrette al loro interno da una forte gravità. Tuttavia, è recente la scoperta di un enorme gruppo di stelle "giovanissime" con un'età di pressapoco dieci milioni di anni appartenenti ad una galassia primordiale. La notizia è stata pubblicata sulla rivista specialistica "Nature"; si tratterebbe della scoperta di una formazione stellare si fa per dire giovane, formatasi circa tre miliardi di anni dopo il Big Bang. Inoltre, è la prima volta che una regione stellare così giovane viene individuata.
La notizia si deve allo studio di un gruppo di ricercatori francesi dell’istituto Service d’Astrophysique-Laboratoire Aim del Cea-Irfu diretto dall’italiana Anita Zanella, che vede la collaborazione di altri centri internazionali, tra i quali anche il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna. Ci si è avvalsi dei dati forniti dal telescopio Hubble che riesce a carpire la debole luminosità delle galassie più lontane; gli studiosi hanno così individuato le tracce di un ammasso di stelle molto esteso formato da stelle così giovani che si pensava non sopravvivessero.
I risultati forniscono ulteriori informazioni sulla formazione delle stelle nelle galassie e precisamente si è dimostrato come questi astri sopravvivano all’azione distruttrice di venti stellari e supernovae, contrariamente a quanto si credeva. Nel corso del loro ciclo vitale queste stelle potrebbero migrare verso le regioni interne delle galassie contribuendo alla massa totale del nucleo e all’allargamento dei buchi neri.
Lo studio degli ammassi stellari
Nonostante la loro giovane età, l’ammasso che è stato studiato non aveva avuto il tempo di evolvere adeguamente affinchè fosse osservato; solo la combustione del gas ionizzato ha reso possibile “l’accensione” di queste regioni. L’associazione dell’emissione da gas ionizzato con il gruppo di stelle giovani è stata possibile anche grazie all’esclusione di processi alternativi, come i buchi neri presenti in tutte le galassie, i quali avrebbero potuto spiegare questa emissione. In seguito, sono state eseguite delle osservazioni in banda X con il satellite spaziale Chandra, analizzate da Cristian Vignali, professore del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna e Inaf-Osservatorio Astronomico di Bologna, che hanno permesso di escludere che si trattasse di un buco nero in fase attiva il responsabile delle emissioni.
Quello che si propone per il futuro è di aumentare le osservazioni di questi ammassi stellari e capire in maniera più dettagliata il loro ruolo nell’evoluzione delle galassie.
Ciò comporterà una determinazione ancora più precisa delle loro proprietà fisiche tra le quali la massa dinamica. Lo studio comporterà l’impiego di nuovi mezzi osservativi tra i quali una rete di antenne Alma (Atacama Large Millimeter Array) che verranno poste nel Nord del Cile ed il lancio di un telescopio spaziale Jwst (James Webb Space Telescope), il cui lancio è previsto entro la fine del 2018.
L’ammasso è ubicato in una galassia a distanza di 11 miliardi di anni luce dalla Terra, contiene gas nell’ordine di un miliardo di volte la massa del Sole e la sua estensione è di circa tremila anni luce.