Gli albori dell’astronomia: il complesso megalitico di Stonehenge

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L'astronomia è la più antica tra le discipline scientifiche e forse si può dire che l'uomo abbia imparato ad osservare e leggere il cielo prima ancora di imparare a leggere e scrivere.


Dai primi passi sullo studio del cielo già in era paleolitica, si è giunti poi a concetti ed osservazioni sempre più difficili, possibili solo in civiltà tecnologicamente progredite, presso le quali l'astronomia ha assunto sempre più importanza, diventando quest'ultima una vera disciplina sia nel campo della scienza pura che nel campo di quella applicata.


Le stelle divennero in poco tempo un punto di riferimento per tante civiltà che, sotto la guida di sacerdoti-astronomi, cercavano nella volta celeste segnali provenienti da una volontà superiore. L'astronomia si legò dunque indissolubilmente alla religione e nel corso dei secoli, le due discipline sono andate distinguendosi e separandosi fino ad arrivare ai giorni nostri.


L'astrologia al contrario si occupò fin da subito, della sfera dell'occulto, della magia e della credenza popolare e per questo risultava priva di alcun fondamento scientifico. L'apporto dei religiosi fu in un primo tempo determinante per l'astronomia, quando questa ricopriva ancora una funzione di carattere religioso, intenta a ricercare il soprannaturale o predire il futuro.

Lo studio del cielo tra i popoli antichi

Nelle società primitive il cielo era al contempo una mappa, un calendario ed un orologio. Imprimeva ordine e senso alla vita quotidiana, guidando la gente attraverso il cambiamento delle stagioni divenne parte integrante della vita di tutti i giorni nonché testimonianza di un potere soprannaturale. Gli antichi popoli non potevano provare altro che ammirazione per gli astri; ben presto però l’incanto lasciò il posto alle pratiche della vita quotidiana.

Gli uomini dell’era paleolitica, cercando di determinare la durata delle stagioni ed il periodo delle lunazioni, compirono i primi passi nell’astronomia, che cominciò ad acquisire una certa rilevanza per la sua funzione calendariale. Lo scandire del tempo ed il tentativo di misurarlo, ben presto si basarono sui movimenti della Luna e del Sole, che con la loro ricorrenza e ripetitività fornirono all’uomo la chiave esatta per interpretare il tempo. Si assistette così alla nascita di centri in cui si sviluppò l’interesse per l’astronomia, tutti saldamente legati agli usi ed ai costumi locali.

Alle alte altitudini, dove il Sole staziona all’orizzonte per sei mesi all’anno, gli antichi eschimesi facevano riferimento agli inverni per contare gli anni e si servivano delle fasi lunari per stabilire una divisione del tempo. Ne scaturiva una corretta interpretazione dell’anno solare, cui si contrapponeva una concezione del periodo diurno non corrispondente alla realtà.

Un altro problema di utilità pratica che i popoli antichi si trovarono ad affrontare, fu quello dell’orientamento. L’esigenza di andare da un luogo all’altro portò alla determinazione dei punti cardinali, legati al moto apparente del Sole e delle stelle. Il modo più pratico per poterle riconoscere fu quello di associare loro le figure che esse formavano nel cielo, ovvero le costellazioni. Ogni popolo però determinò diverse figure stellari, riempito di mostri, eroi, animali e dei. Man mano si sentì sempre più il bisogno dell’istituzione di un calendario, legare cioè il corso del Sole a quello della Luna.

Lo sviluppo primordiale dell’astronomia era tutto intento a trovare una regola efficace che connettesse i calcoli lunari con quelli solari. Osservando la posizione delle stelle non appena tramontato il Sole (tramonto eliaco) o appena prima che sorgesse (levata eliaca), era possibile avere dei riferimenti precisi per stabilire il corso delle stagioni. Gli antichi egizi, ad esempio, utilizzavano la levata eliaca di Sirio, la stella più brillante del nostro cielo, per far cominciare l’anno astronomico, l’apparizione di Sirio era il segnale del solstizio estivo e delle inondazioni del Nilo.

Un altro metodo rudimentale per determinare il periodo dell’anno era quello di utilizzare degli indicatori solari e lunari (pietre o bastoni in legno), posti in direzione del sorgere del Sole e della Luna in particolari periodi dell’anno. Le lunghezze delle ombre proiettate da un bastone eretto permettevano di calcolare l’altezza apparente del Sole sopra l’orizzonte, era questo probabilmente, anche uno degli scopi del famoso complesso megalitico di Stonehenge, (dal celtico “pietre sospese”), sorto inizialmente più di 5000 anni fa e poi costruito in varie fasi.

I misteri di Stonehenge, primo calendario astronomico

Stonehenge si pensa sia stato un vero e proprio santuario astronomico dell’era neolitica ed è situato nella piana di Salisbury, a sud di Londra. È formato da colonne di pietra alte quanto un palazzo di tre piani, queste pietre si ergono costituendo un cerchio concentrico di svariate decine di metri di diametro, sormontate da altre pietre orizzontali a formare veri e propri architravi di roccia, che se visti da lontano sembrano pietre sospese, da cui il nome del complesso. Il tutto è circondato da una serie di fossi scoperti nel Seicento dal fisico britannico John Aubrey.

Il monumento archeologico è completato da un viale di accesso ed altre grandi pietre di riferimento, tra le quali un grande masso denominato Heel Stone, ossia “pietra del tallone” perchè posta alla base del complesso megalitico. Varie sono ancora oggi le ipotesi circa la funzione di questo monumento; una delle più plausibili è che avesse una finalità astronomico-calendariale. I diversi allineamenti possibili tra gli archi del complesso, le fosse e le pietre con gli oggetti celesti più ricorrenti, segnavano varie date nel corso dell’anno, corrispondenti probabilmente ai più importanti appuntamenti agricoli e religiosi dell’anno, oltre ad indicare la posizione del sorgere e del tramonto del Sole e della Luna.

Trattandosi di una costruzione che vide la luce millenni fa, oggi gli allineamenti non tengono più, perchè nel frattempo la precessione terrestre ha spostato le direzioni degli equinozi e dei solstizi. Chi si dovesse trovare in questo posto durante il solstizio estivo, rimarrebbe deluso dal fatto di non poter assistere allo spettacolo dell’allineamento tra le pietre inglesi nel giorno più lungo dell’anno.

Non fu così per l’astronomo britannico Norman Lockyer, che fu tra l’altro cofondatore della rivista “Nature”. Lockyer si basò sul fatto che l’entrata principale al tempio megalitico dovesse essere allineata con la direzione del solstizio d’estate e confrontando la discrepanza con la direzione del solstizio estivo al tempo delle sue misurazioni, riuscì a datare in maniera abbastanza precisa la fase in cui venne costruito e destinato alla funzione astronomica, stimandola intorno al 2000 a.C. A causa della precessione terrestre, le pietre presentavano un errore di poco più di un grado nel loro allineamento e ciò gli permise di risalire al periodo della costruzione.

Appare dunque che il complesso di Stonehenge fornisse importanti punti di riferimento per il calendario astronomico. Recentemente si è arrivati alla conclusione che era altresì possibile prevedere con estrema precisione le eclissi solari. Le fosse che circondano il tutto, infatti, potevano servire forse per individuare le posizioni del Sole e della Luna. Queste venivano fissate tramite un bastone di legno o un apposito marcatore, mentre il loro moto veniva rappresentato spostando il riferimento, in modo tale da far compiere alla Luna un intero giro in 28 giorni (metà di 56), mentre al Sole in 364 giorni (multiplo di 56). Nelle fosse venivano poi sistemati due paletti che servivano per simboleggiare i punti di contatto dell’orbita lunare e quella solare (in prossimità dei quali si verifica l’eclissi), che venivano a loro volta spostati per rappresentare il ciclo di Saros, un periodo di 18 anni circa al termine del quale si ripetono le condizioni dell’eclissi.

Quando i riferimenti di Luna, Sole ed i punti di contatto si trovavano allineati, i sacerdoti custodi dei misteri di Stonehenge erano in grado di predire un’eclissi con sufficiente approssimazione. L’eclissi di Sole veniva vissuta in maniera diversa rispetto ad oggi; in passato gli uomini non erano preparati all’evento, così come non conoscevano giorno, ora e luogo del manifestarsi del fenomeno.

Fuggivano terrorizzati o scendevano nelle piazze per fare chiasso e spaventare il mostro che pensavano stesse mangiando il Sole. Ancora oggi un’eclissi di Sole affascina molte persone e fa rivivere, anche solo per un istante, il terrore abissale dell’uomo primitivo che vede scomparire il dio benefico che riscalda la Terra, matura i frutti e mantiene ogni cosa in vita; ricordando che di fronte all’immensità dei corpi celesti siamo piccoli e fragili e possiamo essere annullati in un attimo, come da un’ombra che passa sul Sole.

Alcuni “gemelli” di Stonehenge nel mondo

Tornando a Stonehenge, questo complesso non è unico nel suo genere, vi sono infatti molti siti simili sparsi per il mondo e appartenuti a diverse popolazioni, cui è possibile attribuire una funzione astronomico-calendariale, legata quindi all’astronomia. Tanto che si sta cercando di riunire lo studio delle pratiche astronomiche dei nostri antenati e dei resti dei complessi preistorici in un’unica disciplina: l’archeoastronomia, una vera e propria scienza interdisciplinare che accomuna archeologia, astronomia, arte, architettura e religione e si ritrova intrisa di aspetti misteriosi.

Antichi resti di costruzioni preistoriche testimoniano di conoscenze molto avanzate nel campo della scienza e dell’astronomia. Ad esempio, gli Anasazi, una delle tribù degli indiani Navajo, riuscirono a costruire nella regione del New Mexico, un grande complesso che fungeva allo stesso tempo da centro commerciale, amministrativo e cerimoniale. L’intera costruzione era dominata da una torre spiraleggiante costruita in modo tale che durante il solstizio estivo, la luce del Sole penetrasse attraverso il centro della spirale.

Un altro famoso sito archeoastronomico è quello nel deserto di Nazca, al sud del Perù, dove si trovano misteriosi disegni incisi nel suolo circa 3000 anni fa e che rimandano alle diverse figure formate dalle stelle nel cielo. In particolare, alcune delle linee che compongono questi disegni indicano la direzione del Sole agli equinozi ed ai solstizi, rinforzando l’ipotesi di un’opera archeoastronomica.

Dunque l’astronomia si rivela come scienza antichissima, visto che già da millenni i popoli preistorici erano in grado di descrivere il moto della Luna e dei pianeti oltre ad identificare le stelle e le costellazioni. Dallo studio dell’astronomia antica e dalle tradizioni dei popoli indigeni, si possono trarre utili considerazioni per capire il successivo sviluppo dell’astronomia e per capire come mai questa disciplina è stata così importante già presso le popolazioni più antiche che hanno abitato la Terra.

Massimiliano Milli Scrittore presso Online Star Register

Massimiliano Milli: Laureato in Lingue e letterature straniere, aono appassionato di astronomia, comunicazione e cultura e mi dedico alla creazione di contenuti coinvolgenti e informativi, utilizzando le mie competenze linguistiche per raggiungere un pubblico internazionale. Collaboro come content creator per OSR dal 2020.