Nebulosa Granchio: cos’è e dove si trova?
Affascinanti e misteriose, le nebulose sono fenomeni che non cessano di incantare i nostri occhi. A volte sono terreno fertile per la nascita di giovani stelle, altre invece rappresentano il ricordo di una stella che non c'è più. Le peculiarità non finiscono qui.
La Nebulosa del Granchio, ad esempio, nasconde un cuore che pulsa al ritmo di 30 volte al secondo! In queato articolo capiremo cos'è esattamente e perché è così importante.
Che cos’è e da cosa è formata una nebulosa?
Le nebulose sono nubi formate da polvere cosmica, idrogeno e gas ionizzati prodotti dall’esplosione di una stella morente come una supernova. Il termine nebulosa deriva dal latino e vuol dire nuvola: il significato fa riferimento proprio all’aspetto di queste gigantesche formazioni, la forma irregolare richiama infatti la sagoma di una nube.
Queste nubi non hanno a che fare soltanto con la morte di una stella ma anche con la formazione di nuovi corpi celesti, tanto da meritare l’appellativo di nursery stellari.
La polvere cosmica che costituisce questi corpi celesti infatti può aggregarsi attraverso l’attrazione gravitazionale. Nelle nebulose, la polvere e i gas sono sparsi e distanti tra di loro; la forza di gravità però può lentamente iniziare ad attirare e a far convergere le piccole particelle sia di gas che di polvere.
Questi agglomerati, diventando sempre più grandi, determinano un’accelerazione progressiva della gravità. L’ammasso di polvere e gas, in questo modo, diventa così grande da collassare e da provocare il riscaldamento del materiale al centro della nube: è proprio questo nucleo caldo a far nascere una nuova stella. Il primo a notare la presenza delle nebulose nello spazio fu Claudio Tolomeo che, nel 150 d.C., registrò in due libri del celebre Almagesto la presenza di cinque stelle caratterizzate da un aspetto indefinito che ricordava però quello di una nuvola.
La nebulosa più grande che conosciamo, fino a questo momento, è la Nebulosa Tarantola: si trova nella galassia della Grande Nube di Magellano, ha un diametro pari a 1.862 anni luce, fu a lungo scambiata per un pianeta ed è stata identificata per la prima volta nel 1751 da un astronomo francese, Nicolas-Louis de Lacaille.
Principali tipologie di nebulose: ecco le nebulose che conosciamo
Esistono quattro tipologie di nebulose. Vediamole nel dettaglio.
Nebulose a emissione
Le nebulose a emissione, le più importanti, sono nubi di gas ad altissima temperatura illuminate dalla luce ultravioletta proveniente da una stella vicina. Quando gli atomi che compongono la polvere cosmica decadono verso stati energetici meno eccitati, viene rilasciata una luce visibile che in linea di massima è quasi sempre rossa.
Il colore deriva dalla presenza dell’idrogeno, il materiale più abbondante che troviamo nell’universo. Le nebulose a emissione sono le più visibili nel cielo notturno.
Nebulose a riflessione
Le nebulose a riflessione riflettono semplicemente la luce inviata loro dalle stelle vicine: solitamente sono blu perché la polvere riflette la luce blu più degli altri colori.
I resti della nebulosa che circonda le Pleiadi illustrano perfettamente questa tipologia di nebulosa. Le nebulose a emissione, inoltre, sono spesso mescolate con le nebulose a riflessione: Orione ne è un chiaro esempio.
Nebulose oscure
Le nebulose oscure, ben visibili dalla Terra, sono chiamate anche nubi molecolari perché, a differenza di altri tipi di nebulose, al loro interno si trovano grandi quantità di gas molecolari. Questi gas fanno sì che l’opacità tipica di queste formazioni blocchi la luce proveniente da altre stelle e dalle nebulose vicine. La Testa di Cavallo è una delle più conosciute: questa nebulosa è stata scoperta nel 1888 ad opera dell’astronoma scozzese Williamina Fleming.
Nebulose planetarie
Infine, non dimentichiamo la presenza delle nebulose planetarie che rappresentano lo stadio finale della vita di una stella; in pratica sono nubi cosmiche che emettono energia dall’esplosione di una stella centrale.
Per osservare una nebulosa dalla Terra è necessario munirsi di un telescopio o di un binocolo. Se non disponi di questa attrezzatura, puoi comunque ammirare la Nebulosa di Orione ad occhio nudo, se il cielo è privo di inquinamento luminoso. Utilizzando un telescopio o un binocolo puoi percepire più dettagli e ammirare nebulose più piccole come, ad esempio, Testa di Cavallo e Lyra.
Nebulosa del Granchio: ecco le sue caratteristiche
La Nebulosa del Granchio è uno dei resti di supernova più famosi (e studiati) al mondo. Situata nella costellazione del Toro, è quello che rimane di una supernova, ovvero il materiale espulso in seguito all’esplosione di una stella.
Al centro si nasconde un curioso oggetto: il nucleo residuo della stella morta, noto come pulsar. Le pulsar sono un tipo particolare di stella di neutroni che risultano dense e con un potente campo magnetico. Queste pulsar, ruotando velocemente fino a cento volte al secondo, favoriscono la fuoriuscita di materia, producendo in questo modo gli impulsi che vediamo e che danno a queste “stelle zombie” il loro nome.
In particolare, la pulsar della Nebulosa del Granchio, scoperta nel 1968, ruota 30 volte al secondo e produce il bagliore visibile al centro delle immagini della nebulosa. La pulsar genera un vento molto potente che interagisce con la nebulosa in espansione e genera i caratteristici filamenti che possono essere visti nelle immagini del telescopio spaziale Hubble.
La Nebulosa del Granchio è larga all’incirca 10 anni luce, l’equivalente di 10 trilioni di miglia. Le peculiarità non finiscono qui: secondo la NASA, questa nebulosa continua a crescere. In base a quanto dichiarato dagli esperti, il gas della Nebulosa del Granchio si sta espandendo nello spazio a oltre 600 miglia al secondo, con un diametro di circa 7 anni luce.
Qual è la sua distanza dalla Terra?
La Nebulosa del Granchio si trova a circa 6.500 anni luce dalla Terra. In termini cosmici, questa distanza è considerata vicina; tale caratteristica permette agli astronomi di studiarla con attenzione utilizzando una varietà di strumenti, dai telescopi ottici ai radiotelescopi.
Quando è esplosa la nebulosa del Granchio?
La Nebulosa del Granchio è costituita, come abbiamo visto, dal gas, per lo più idrogeno, espulso dall’interno della stella morente. L’esplosione è avvenuta nel 1054; le cronache dell’epoca affermano che fu così luminosa da essere visibile di giorno, permettendo così agli astronomi giapponesi e cinesi di registrare l’evento.
La supernova, nello specifico, fu visibile alla luce del giorno per 23 giorni e di notte per quasi 2 anni. Non ci sono registrazioni della sua osservazione all’epoca da parte di europei. Nel nostro continente, la nebulosa fu notata centinaia di anni dopo l’esplosione iniziale, quando l’astronomo inglese John Bevis nel 1731 riuscì a osservarla attraverso un telescopio.
Il 28 agosto 1758, Charles Joseph Messier vide questa nebulosa e la scambiò per una cometa. Lo studioso, rendendosi conto però che, con il passare dei giorni, non c’era nessun movimento, decide di registrare questo “oggetto” il 12 settembre 1758, dando così inizio al famoso catalogo Messier. Fu Lord Rosse, nel 1844, a dare alla Nebulosa il nome del crostaceo perché i suoi filamenti gli ricordavano proprio le zampe di granchio.
Nebulosa del Granchio: dove si trova e come vederla dalla Terra
La Nebulosa del Granchio si trova, come abbiamo sottolineato, nella costellazione del Toro ed è visibile al meglio nei mesi invernali; nell’emisfero settentrionale il mese ideale per osservarla è gennaio. Con un telescopio di piccola potenza, la nebulosa appare come una macchia ovale bluastra; telescopi più potenti rivelano dettagli affascinanti, come i filamenti di gas incandescenti e la complessa struttura.