Mitologia azteca e nelle civiltà precolombiane
La mitologia azteca fu l’espressione spirituale di una civiltà florida e affascinante. Al momento del contatto con i conquistadores, gli aztechi erano la popolazione precolombiana più florida.
La regione da loro amministrata e presieduta era quella della valle del Messico, dalla quale avevano esteso la propria espansione, conquistando anche altre città dell’America centrale.
Essendo il risultato di una fusione di diverse tradizioni culturali, la mitologia azteca presenta sfaccettature complesse ed un pantheon molto articolato.
Mitologia azteca: una fusione di culti e tradizioni
Prima di analizzare le caratteristiche della mitologia azteca, potrebbe essere utile identificare con maggiore precisione cosa s’intenda con il termine “azteco”.
Il popolo centramericano non era solito definirsi con questa parola, bensì con “Mexica” (da cui deriva l’attuale nome dei loro discendenti, i messicani) o, in alternativa, “Tenochca”.
Il termine “azteco” venne utilizzato molti secoli dopo la conquista spagnola. Fu il geografo tedesco Alexander Von Humboldt ad impiegarla, con lo scopo di distinguere le popolazioni precolombiane dai Messicani a lui attuali.
Gli aztechi, dunque, furono spesso identificati quali abitanti della città stato Tenochtitlàn (attuale Città del Messico). Con il progredire degli studi sull’organizzazione politica di questo popolo, si finì con il definire impero azteco anche l’insieme delle città stato alleate con Tenocthitlàn, ossia Texcoco e Tlacopan, abitate rispettivamente dagli Acolhua e dai Tepanechi.
Questa precisazione è necessaria per la comprensione di un tratto distintivo della civiltà e della cultura azteche: la loro tendenza a stringere legami, specialmente di natura commerciale, con le popolazioni vicine, senza cancellarle del tutto.
Tale aspetto ebbe modo di riflettersi anche sulle pratiche religiose di questo popolo. Gli aztechi nacquero come tribù politeista, situata nella valle del Messico occidentale. Durante la loro espansione, la loro politica prevedeva l’inclusione delle divinità delle altre tribù e città-stato conquistate.
Così facendo diedero vita ad un pantheon complesso e intricato, commistione sincretica di divinità arcaiche e tribali con figure mistiche e dei di civilizzazioni più avanzate, come quella dei Toltechi. Le mire espansionistiche degli aztechi non puntavano quasi mai alla sottomissione totale dei popoli conquistati. Instauravano, piuttosto, legami di collaborazione, con l’intento di appropriarsi delle principali vie commerciali per imporre dei tributi.
La creazione del mondo secondo la mitologia azteca
Essendo il risultato di una fusione di più culti, la mitologia azteca propone molti miti circa la creazione del mondo, ognuno dei quali lascia intuire una concezione religiosa millenaria da parte di questo affascinante popolo.
Una di queste genesi mitiche descrive il periodo precedente alla formazione del mondo suddiviso in fasi o Ere, quattro per l’esattezza. La raffigurazione di queste ere mitologiche venne ritrovata sulla celebre Piedra del Sol, calendario azteco rinvenuto presso Città del Messico. Ognuna di queste fasi si concludeva con un evento catastrofico, che portava all’inizio dell’era attuale, Nahui-ollin, la quinta.
Il mondo non poteva avere inizio. C’era bisogno di un atto estremo, un sacrificio. Si propose Nanahuatzin, il più giovane tra gli dei, che donò la propria vita e, in cambio, venne tramutato nella luna, come segno di gratitudine per il suo gesto generoso. Questo, tuttavia, non era ancora sufficiente: il sole era fisso, non intendeva muoversi. Senza il suo moto la vita non sarebbe mai stata possibile.
Fu allora che anche tutti gli altri dei decisero di sacrificarsi per far sì che il sole si spostasse. Gli studiosi ritengono che fu proprio con questo mito che gli aztechi fondarono la propria usanza del sacrificio umano, largamente diffusa presso di loro.
Come detto, però, questo non era l’unico mito di creazione. Altro racconto leggendario di grande rilevanza ha come protagonisti gli dei gemelli Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, figli della coppia suprema Ometeotl/Omecihuatl. I due, dopo aver assunto le sembianze di serpenti, penetrarono il corpo di Tlatéotl, divinità della terra. Dopo averla uccisa decisero di sacrificarla, dividendone il corpo in due parti. Una metà venne utilizzata per creare il cielo e l’altra la terra.
Tlatéotl tendeva a ricomporre il proprio corpo, con lo scopo di vendicarsi. Per evitare che ciò si verificasse, gli dei gemelli piantarono dei pali tra le due sezioni, in modo da tenerle sempre separate.
Il gesto di Quetzalcoatl e Tezcatlipoca smosse la coscienza della divinità suprema, Ometeotl, che decise che l’oltraggio subito dalla divinità sacrificata meritasse un gesto caritatevole come compensazione.
Consentì, quindi, la crescita rigogliosa della vegetazione sulla metà inferiore del suo corpo, così che potesse generare nutrimento. Ottenere i frutti generati non sarebbe stato così semplice: la terra esigeva, in cambio, cuori e sangue. Anche in questo caso troviamo un elemento di fondazione del rituale del sacrificio umano.
Esistono miti che spiegano la formazione del sole e della luna, anch’essi incentrati sul tema del sacrificio. Uno di questi narra dell’arrivo dei Mexica presso la città di Teotihuacan, meravigliosa città abitata dagli dei. Essi, riuniti nella loro dimora, decisero che due di loro dovessero sacrificarsi, gettandosi in un enorme rogo, dando vita al sole e alla luna.
I prescelti furono Tecuciztécatl e Nanàhuatl, che offrirono la propria vita senza indugi e vennero tramutati nei due astri. Una volta mutati, tuttavia, rimasero fissi in cielo, intrappolati. Era necessario che entrambi si muovessero, alternandosi in cielo, per permettere lo svilupparsi della vita. A quel punto tutte le altre divinità scelsero volontariamente di sacrificarsi e dar vita al moto celeste.
A questo mito segue il ciclo narrativo inerente alla guerra sacra. Dopo la formazione del firmamento e della terra, il sole generò quattrocento esseri mitici, chiamati Mimixcoa, divinità minori legate alle stelle settentrionali. Questa creazione, tuttavia, lo deluse molto, perché questi esseri venivano costantemente meno ai propri doveri sacri. La loro esistenza era una costante mancanza di rispetto nei confronti degli dei, per i quali non officiavano i rituali prescritti, né offrivano i tributi dovuti. Trascorrevano le loro vite immoralmente, ubriacandosi e accoppiandosi con le donne.
Il sole decise che la loro tracotanza doveva terminare. Creò altri cinque Mimixcoa e donò loro armi, cosicché potessero eliminare e sacrificare i loro simili irrispettosi. Gli aztechi posero questo mito a fondamento del loro uso di sacrificare i prigionieri di guerra. Prima di offrire le vite degli sconfitti alle divinità, provvedevano a far ubriacare le vittime, in modo che ricordassero i Mimixcoa della leggenda.
Tra i vari miti fondativi molto suggestivo quello azteco inerente la creazione degli uomini.
In seguito alla disfatta dei figli del sole tracotanti, Quetzalcòatl discese nell’inframondo con uno scopo: recuperare le ossa delle antiche generazioni di Mimixcoa. Il suo intento era quello di utilizzarle per dar vita ad una nuova razza. Il suo viaggio fu costellato di insidie e prove da superare. Alla fine la sua ricerca ebbe esito positivo. Tornato in superficie con le ossa, le tritò, le unì al sangue di lingue e genitali di altre divinità e le offrì in sacrificio alla dea Quilaztli.
Dall’impasto ottenuto venne ricavato il corpo degli uomini. Vennero tramandate delle varianti di questo mito, nelle quali gli ingredienti utilizzati erano la cenere o il mais macinato, tant’è vero che era credenza diffusa presso gli aztechi che gli dei si cibassero dei corpi degli uomini, come fossero tortillas o tamales.
Le principali divinità della mitologia azteca
Il variegato pantheon azteco contava, tra le proprie file, divinità maggiori e divinità minori.
Una delle più rilevanti fu sicuramente Quetzalcoatl, molto ricorrente già nei miti fondativi comuni a molte civiltà precolombiane del centro America. Era noto come il dio serpente alato, così come testimoniato dallo studio etimologico del suo nome (composto da “quetzalli”, che indica qualcosa di divino, prezioso o dotato di ali e “cohuatl” che significa serpente).
Questa singolare divinità aveva enorme importanza. Come molte altre divinità azteche e mesoamericane, Quetzalcoatl era solito mutare le proprie sembianze a seconda della funzione svolta. Essendo incarnazione dello spirito del vento, figura mitologica molto popolare, assumeva la forma di “Ehécatl” (“vento” in nahuatl), un uomo vestito di nero con una maschera rossa e nera, simile al becco di un uccello. Molte rappresentazioni lo ritraggono come un uomo dalla pelle azzurra, la faccia rossa e i capelli biondi, oppure con una folta barba e la pelle bianca.
I miti sulla sua nascita sono molteplici. Secondo alcune versioni sarebbe stato generato da una vergine che, a seconda dei miti, viene ingravidata dalle divinità e da alla luce un bambino dotato di poteri divini.
Quetzalcoatl era la divinità regolatrice del vento e dell’alba. Vegliava su diverse attività umane, tra cui i mercati, le arti, i mestieri e la conoscenza.
Altra figura importantissima all’interno del pantheon azteco è Huitzilopochtli, dio della guerra e del sole. A differenza di Quetzalcoatl, questa divinità era originaria del primo nucleo tribale degli aztechi, prima della loro espansione.
Il nome significa letteralmente “colibrì del sud” ed era il protettore della capitale Tenochtitlàn. Nelle varie rappresentazioni viene ritratto nelle sembianze dell’uccello di cui porta il nome, oppure come un guerriero con la faccia dipinta di nero che esibisce le piume del volatile sul capo e sulla gamba sinistra.
La leggenda narra che sua madre, Coatlicue, rimase incinta di lui quando una sfera piumata, caduta dal cielo, le si depositò in grembo.
Questa divinità era sicuramente la più importante del pantheon azteco, benché molto sanguinaria. In suo nome venivano eretti templi ed edifici sacri.
Era usanza, inoltre, cucinare un impasto nero ritraente il viso di Huitzilopochtli. Questa preparazione veniva data in pasto ai sacrificanti, cosicché potessero assorbirne i poteri divini.