Cultura Azteca e mitologia: corpi celesti, sole, luna, venere, stella del nord e del sud
Conoscere la cultura di una popolazione significa risalire indietro nel tempo per comprendere gli aspetti rilevanti delle sue tradizioni valoriali, della storia e della mitologia che ne hanno caratterizzato la visione del mondo. In particolar modo, la cultura messicana deve la sua fortuna ad alcuni popoli nomadi dall’innegabile fascino, uniti da una serie di vicende che ne hanno accomunato per secoli gli orizzonti popolari e folkloristici.
Siamo nel XII secolo quando gli Aztechi – provenienti dalle regioni settentrionali del Messico – si stanziano nell’America Centrale e si mescolano con le tribù locali. Possenti e abili guerrieri per natura, essi danno vita a lungo processo di colonizzazione in cui la forza assume il ruolo di fulcro indiscusso dell’espansione geopolitica che si registra nel corso di pochi decenni. La capitale azteca viene fondata sotto il nome di Tenochtitlàn, nel cuore della giungla, fra il proliferare della flora e la presenza di alcune distese paludose che si intrecciano sulle sue sponde, così da isolare la cittadina e renderla il cuore pulsante di un’epoca di forte mutamento sociale.
Florida e ben fortificata, la popolazione nomade diventa ben presto il centro di una tradizione stanziaria le cui origini furono tanto rapide quanto inaspettate. La cultura azteca nasce dal nulla; i Mexica si insediano velocemente e iniziano a diffondere la propria lingua – il nahuatl – derivata dagli antichi Toltechi che avevano dominato il Messico centrale fino al XII secolo. Come ricostruire le vicende di una popolazione tanto lontana dall’approccio umanistico occidentale? Come descrivere i valori di una gente che trascorre parte della propria vita a lottare in maniera incolta in una palude priva di acqua potabile, in una sorta di Venezia senza fascino sorta dal nulla nel cuore dell’America?
L’etnologo Miguel Leòn-Portilla non ha dubbi a riguardo: gli aztechi sono uomini e donne indomabili, ostinati e barbari, il cui spirito animalesco è l’unico motivo che permette a questa gente di sopravvivere nel cuore di un luogo inospitale e privo di legna o pietra da costruzione. Ma non è tutto: la vera scoperta storiografica risiede nel forte spirito di adattamento che accomuna la popolazione azteca. A distanza di soli due secoli Tenochtitlàn ha assunto tutto l’aspetto di una capitale mondiale: gli acquedotti hanno ornato le fortificazioni cittadine, le strade rialzate permettono di attraversare i canali, mentre i templi diventano il luogo di culto di una popolazione che deve parte del suo fascino odierno alla sua cosmogonia e al mistero astronomico di cui è portavoce.
Siamo giunti all’obiettivo del nostro breve scritto: da cosa dipende la nascita di un ciclo mitologico e quale valore riveste il simbolo nella cultura di una dimensione folkloristica tanto ancestrale? Quale significato hanno i corpi celesti nella realtà azteca, e quali sono le fonti da cui gli storici hanno potuto comprendere la valenza di tali segni? In questo articolo abbiamo deciso di aprire una breve panoramica illustrativa in merito alle questioni che ci siamo posti, allo scopo di valorizzare una parte della storia dei popoli americani che troppo spesso rimane celata.
La mitologia azteca fu l’espressione spirituale di una civiltà florida e affascinante, sebbene lontana dalle concezioni occidentali che – nello stesso periodo – investirono l’uomo di un nuovo slancio umanistico. Al momento del contatto con i conquistadores, gli aztechi mantennero intatta la loro vasta produzione cosmogonica e la valorizzano mediante culti specifici inscindibilmente legati ai fenomeni del cielo. Il motivo? Ecco cosa bisogna tenere a mente per porre le basi di una conoscenza del mito dei corpi celesti nella cultura del Messico Centrale.
Mitologia azteca: una fusione di culti e tradizioni celesti
Lo sviluppo economico della popolazione azteca non ebbe vita facile: l’iniziale slancio commerciale fu dovuto in parte alla conquista dei popoli confinanti, con i quali i vincitori mantennero sempre legami – specialmente per il baratto – al fine di approvvigionarsi del necessario per accrescere la ricchezza della propria città. Ma l’influenza delle genti che abitavano l’America Centrale non si ridusse a una mera sottomissione pragmatica: gli aztechi trassero in cambio anche il culto politeista che divenne la base della propria realtà mitologica.
Il periodo di espansione, infatti, non fu altro che un costante mutuare impressioni, tradizioni e divinità celesti dai popoli che venivano incontrati durante i periodi di guerra o di pace. Il risultato di tale approccio diede vita a un pantheon complesso e intricato, commistione di figure simboliche arcaiche e tribali connesse a simboli mistici e a divinità di civilizzazioni più avanzate, come quella dei Toltechi. Le mire espansionistiche degli aztechi non puntavano quasi mai alla sottomissione totale dei popoli conquistati: non è un caso che l’imposizione dei tributi divenne presto un fulcro sociale tipico delle realtà aggregative proprie della capitale, Tenochtitlàn.
Un ciclo mitologico nasce in virtù della sua capacità fondativa di proporre una soluzione ad alcune tematiche proprie della nascita e della creazione dell’uomo. Essendo il risultato di una fusione di più culti, la mitologia azteca finì per creare una vera e propria enciclopedia tribale all’interno della quale furono molte le versioni dello stesso mito: la nascita e la morte, la salute e la malattia, l’amore e l’odio vennero sempre trattati in virtù delle manifestazioni naturali. Il motivo? La giungla che circonda le cittadine azteche è l’unico elemento immutabile di un panorama in continua trasformazione: il giorno e la notte – così come l’estate e l’inverno – si manifestano con una ciclicità che permette di studiare e raccontare una visione del mondo che affonda le sue radici nella spontaneità della Terra.
Il mondo azteco è diviso in tre sottosezioni principali: la realtà terrena in cui vivono gli uomini, il mondo sotterraneo che appartiene ai defunti e quello superiore, il cielo. Se i primi due sono competenza esclusiva dell’essere umano, l’ultimo non è altro che una dimensione sopraelevata alla quale è impossibile accedere. Ma come agiscono i soggetti della simbologia all’interno della tripartizione mitologica azteca? Quali sono gli elementi su cui si basa l’appartenenza alla tradizione religiosa che viene percepita come il nucleo più importante su cui la popolazione americana costruisce i propri valori?
Mitologia azteca: il simbolo del Sole
Il Sole è il punto di riferimento che scandisce la vita della popolazione messicana: esso viene accomunato al ripetersi ciclico del binomio notte-giorno. Per questo motivo, gli aztechi iniziano a percepire il simbolo celeste come appartenente tanto al mondo del sottosuolo – chiamato Mictlan – tanto alla sfera superiore, inaccessibile all’essere umano. La commistione dei due mondi non è altro che un mix sapientemente bilanciato di osservazione e spirito critico, mutuato dalle molteplici popolazioni confinanti. Con il procedere dell’evoluzione storica di Tenochtitlàn, il dio del Sole assume il nome di Huitzilopochtli, simbolo della prosperità luminosa e della guerra. L’etimologia recuperata dagli storici sarebbe riconducibile alla definizione di <<colibrì del sud>> oppure <> stando a indicare il ruolo di protettore della capitale azteca.
Non è un caso che, per favorire la buona stella dello spirito celeste, la popolazione sacrificò nel 1486 – anno della fondazione del tempio dedicato in suo onore – oltre 70.000 prigionieri di guerra. Rappresentato come una figura di uccello, coperta da folte piume, esso rappresenta l’antinomia bene-male che viene spessa ricordata dall’incedere della notte sul giorno. Ogni mattia esso deve lottare contro le potenze dell’oscurità per assumere nuovamente il ruolo di sovrano celeste, illuminando i campi paludosi che circondano la capitale azteca. Sanguinario e violento, guerrigliero astuto e mai stanco di lottare per il ruolo che gli spetta in cielo, Huitzilopochtli è oggetto una venerazione del tutto particolare, mista a una dose di terrore reverenziale che viene soddisfatto con monili e sacrifici in suo onore. Gli aztechi usavano, infatti, fare un impasto simile al pane, lo modellavano a immagine e somiglianza del dio alato e lo davano da mangiare ai sacrificanti allo scopo di assimilarne i poteri.
Mitologia azteca: il significato della Luna nella cosmogonia popolare
La Luna è la controparte del Sole, il satellite che rischiara le lunghe notti di buio e di umidità che la popolazione azteca impara presto a vivere nel freddo cuore del Centro America. La sua divinità – gli studiosi non sono certi che si tratti di uno spirito femminile o maschile – prende il nome di Metztli o Meztli o Metzi e si presenta come una figura spesso eclettica e dalla connotazione cosmogonica poco chiara. Simbolo protettore dei contadini e dell’oscurità, essa viene spesso ricordata per essere stata dapprima divinità dei vermi, successivamente incapace di sacrificare se stessa nel tentativo di diventare sole e per questo relegata al ruolo secondario e marginale di Regina della notte.
La leggenda che viene tramandata nella narrazione templare è sicuramente curiosa e ricca di spunti di riflessione: si tramanda che un tempo il Sole e la Luna avessero una pari posizione di comando nel cielo diurno. Un giorno, però, un dio che non poteva tollerare l’uguaglianza delle due sfere celesti lanciò un coniglio sulla faccia di Metztli, scurendola. Gli aztechi erano persuasi di poter ancora distinguere l’immagine del coniglio sulla superficie lattea del satellite notturno, soprattutto in occasione della luna piena. In breve, Metztli appare come una figura sicuramente secondaria nella cosmogonia popolare, ovvero nelle vesti di una guerriera sconfitta dall’inganno della divinità e relegata al ruolo di combattente debole e insoddisfatta.
I corpi celesti nella cultura azteca: il ruolo di Venere
Il pantheon di simboli cosmologici aztechi ha ruoli differenti, sia in termini di importanza sia in relazione alla differente visione del mondo e del cielo che si instaura con il passare del tempo. Venere rappresenta – secondo la tarda tradizione – la divinità del <> o del <>, meglio nota sotto il nome di Quetzalcóatl. Non è un caso che la civiltà americana sia spesso passata alla storia come il <> a indicare la stretta connessione che la gente del luogo sentiva nei riguardi della figura del serpente del vento. Tra gli Aztechi, le cui credenze sono ben documentate dagli storici, Quetzalcóatl ricopriva simbolicamente anche il ruolo di divinità dei mestieri, dell’alba, dei mercati e della conoscenza, nella sua applicazione pratica e artistica.
Sebbene le versioni sulla nascita del dio siano sicuramente molteplici – anche in virtù del lento processo di contaminazione relci della figura celeste rappresenta la sua appartenenza alla leggenda del Quinto Sole. Si narra che inizialmente fossero soltanto cinque le figure celesti da annoverare nel pantheon azteco: Tezcatlipoca, Xipe Totec, Quetzalcoatl e Huitzilopochtli, i quattro Tezcatlipoca. Il conflitto che si generò fra il nostro Quetzalcóatl contro Tezcatlipoca rappresenta il cuore di una creazione del mondo complessa e mai soddisfacente per entrambi tanto che, a causa delle loro inimicizie, essi finirono sempre per distruggere la Terra come noi oggi la conosciamo. igiosa di cui abbiamo parlato – uno dei tratti caratteristi
La leggenda narra che i due tentarono di portare a termine il loro proposito un’ultima volta: recatisi presso l’Oceano Primordiale – in cui era solita vivere Cipactli, un mostro femminile delle acque – tentarono di uccidere la sua regina. Ma questa, ben più veloce e scaltra, catturò fra le sue grinfie Tezcatlipoca; per quest’ultimo sarebbe stata la fine se Quetzalcoatl non avesse provveduto a liberarlo dalle sue possenti zanne, strattonandone il collo. La collaborazione dei due portò alla distruzione del mostro: da Cipactli si formarono il cielo e la Terra. In altre versioni, Quetzalcoatl viene umanizzato nella figura del re di Tula, la capitale di stato dei Toltechi.
Molto probabilmente egli seppe incarnare al massimo grado i valori di purezza, forza fisica e onestà che appartenevano alla popolazione centroamericana. Avendo abolito i sacrifici umani – tradizione radicata nella popolazione azteca – Quetzalcoatl venne tratto in inganno dal fratello, che lo spinse alla disperazione e all’assunzione di una forte bevanda alcolica così da coprirlo di imperdonabile disonore. A seconda delle versioni, il sovrano si gettò nel fuoco e morì, per poi resuscitare sotto forma di perenne esiliato.
Analizzare le esatte caratteristiche di Quetzalcoatl è possibile a partire da una comprensione della cosmologia azteca. La divinità piumata viene spesso associata al simbolo della stella del mattino e non è un caso che la seconda versione del mito umano sia concorde con questo punto di vista. La leggenda vuole anche che, dopo l’esilio, Quetzalcoatl vagasse per anni in cerca di una consolazione e di una nuova patria finché – stanco e debole per il lungo periodo da girovago – egli si allontanò su una zattera di serpenti navigando verso oriente. Misteriosamente Queztalcóatl svanì, trasformandosi nel pianeta Venere.
Mitologia cosmologica azteca: la stella del nord e del sud
Comprende l’importanza che il pantheon celeste rivestì per gli aztechi è il primo passo per analizzare nello specifico le vicende di alcuni personaggi che incarnano magistralmente lo spiriti antinomico notte-giorno, male-bene, nord-sud. La Stella del Nord era Il Serpente Nuvola Mixcoatl, dio della guerra e della caccia ripreso nella tradizione Tlaxcalteca ove presiedeva i sacrifici, comune a molte popolazioni mesoamericane di stirpe Nahua. La Stella del Sud è invece Coatlicue, dea del fuoco e della fertilità, spesso associata al concetto di potenza creatrice e formativa delle cose presenti nel mondo.
A seconda delle fonti che è possibile seguire per risalire indietro alle vicende mitologiche che legano le due divinità, è molto probabile che la Stella del Nord sia considerata progenitrice – assieme a quella del Sud – di alcune divinità cardine su cui si basa la narrazione azteca. Mixcoatl rappresenta infatti il simbolo della caccia e della guerra, attività squisitamente maschile; egli viene rappresentato spesso sotto forma della Via Lattea, e impersona le anime dei valorosi soldati che diventavano stelle dopo la loro morte sul campo di battaglia. Padre e madre – Mixcoatl e Coatlicue – generano Coyolxauhqui fra i tanti. Il primo uccide la figura materna mentre essa è ancora gravida di Huitzilopochtli; quest’ultimo fuoriesce dal grembo materno appena in tempo e uccide i fratelli e le sorelle per vendicarsi del torto genitoriale subito.
Non è un caso che la Stella del Nord e la Stella del Sud vengano considerate come progenitrici di un lascito divino che affonda le sue radici in molte tradizioni concordanti: la potenza creatrice viene esaltata da quegli elementi celesti che costituiscono un mix sapientemente bilanciato di simboli opposti, in grado di riportare alla memoria degli aztechi la sessualità umana, appunto basata su un gioco di antinomie. Maschile e femminile vengono dunque tratteggiati nel cielo come i due prototipi da cui si fonda il pantheon di divinità che appartiene alla cosmologia della popolazione: un insieme vivido e cangiante di leggende che permettono di giustificare il forte spirito guerriero e l’acuto ingegno architettonico che ha permesso alla popolazione di palude di trasformarsi in un punto di riferimento culturale per tutta la zona dell’America Centrale.
Così come la Stella del Sud incarna la potenza del fuoco e della sua trasformazione, così la bellezza della mitologia celeste azteca è in continuo mutamento, come in un circolo di stagioni in cui ogni frammento di storia viene inserito in un puzzle più completo e organizzato.