{"id":8173,"date":"2015-08-25T09:00:37","date_gmt":"2015-08-25T07:00:37","guid":{"rendered":"https:\/\/osr.org\/it\/?p=8173"},"modified":"2024-08-05T12:18:15","modified_gmt":"2024-08-05T10:18:15","slug":"grandezza-universo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/osr.org\/it\/blog\/astronomia\/grandezza-universo\/","title":{"rendered":"Quanto \u00e8 grande l’Universo? La grandezza dell’universo svelata"},"content":{"rendered":"
La domanda di quanto sia grande l’universo \u00e8 molto antica e sorge spontanea quando si alza lo sguardo verso il cielo stellato. Ci potremmo chiedere pi\u00f9 nel dettaglio, quale sia la distribuzione della materia nello spazio e quale sia l’estensione dello stesso. Fino agli inizi del XX secolo molti astronomi ritenevano che la Via Lattea fosse l’unico sistema di stelle in uno spazio vuoto di un’estensione infinita ed insondabile. Oggi invece sappiamo che la Via Lattea<\/strong> non \u00e8 che una delle centinaia di miliardi di galassie che popolano l’universo.<\/p>\n Ma quanto lontano possiamo osservare? Innanzi tutto sappiamo a proposito, che la velocit\u00e0 della luce<\/strong> non \u00e8 infinita: nel vuoto vale 299.792,458 km\/s.<\/strong> Questo significa che quanto pi\u00f9 una stella \u00e8 lontana tanto pi\u00f9 la vediamo indietro nel tempo. Ad esempio, vediamo Alfa Centauri<\/strong> com’era poco pi\u00f9 di quattro anni fa, Vega<\/strong> com’era 26 anni fa e Deneb<\/strong> almeno di 1600 anni addietro. Il cielo stellato appare dunque come un caleidoscopio di tempi diversi.<\/p>\n Questi tempi espressi in anni coincidono per definizione con le distanze rispettive delle stelle espresse in anni-luce:<\/strong> infatti l’anno luce \u00e8 la distanza che la luce percorre in un anno e vale circa 9500 miliardi di chilometri.<\/strong> Dire che vediamo la stella Vega com’era 26 anni fa vuol dire che la stella si trova a 26 anni luce di distanza.<\/p>\n Lo stesso discorso vale per le galassie<\/strong> vicine, quelle che appartengono al nostro gruppo locale, e che sono legate tra loro dalla mutua attrazione gravitazionale.<\/strong> La galassia di Andromeda \u00e8 ad esempio l’oggetto pi\u00f9 lontano visibile ad occhio nudo ed \u00e8 situata a poco meno di due milioni e mezzo di anni luce, ed \u00e8 dunque vista com’era due milioni e mezzo di anni fa. Per quanto riguarda invece le galassie pi\u00f9 lontane, il discorso si complica, non vale pi\u00f9 l’equivalenza di “anni indietro nel tempo”, ossia distanza anni luce. Infatti, da quando il nostro universo \u00e8 nato, 13,7 miliardi di anni fa<\/strong> (il Big Bang), lo spazio si sta espandendo; le galassie che non appartengono pi\u00f9 agli stessi ammassi o gruppi, si allontanano le une dalle altre e la velocit\u00e0 con cui si allontanano \u00e8 proporzionabile alla loro distanza.<\/p>\n La luce partita da una galassia si trova a viaggiare in uno spazio che si espande: quando finalmente giunge a noi la distanza attuale della galassia da cui \u00e8 partita \u00e8 molto maggiore di quella iniziale. Ad esempio, galassie che vediamo com’erano 10 miliardi di anni fa, si trovano attualmente ad una distanza non di 10 ma di 16 miliardi di anni-luce.<\/p>\n Considerare il fatto che la velocit\u00e0 della luce sia finita e che l’universo stesso abbia un’et\u00e0 finita ha una conseguenza molto importante, ossia, non possiamo osservare arbitrariamente lontano. Possiamo osservare soltanto quegli oggetti la cui distanza ha potuto essere percorsa dalla luce entro il tempo trascorso da quando l’universo \u00e8 nato, ovvero un arco di tempo compreso in meno di 13,7 miliardi di anni; invece la luce emessa da corpi pi\u00f9 lontani non ha ancora avuto il tempo di raggiungerci.<\/p>\n Per questo motivo l’universo visibile rimane limitato ma non \u00e8 da confondere con l’universo nel suo complesso. Infatti, se \u00e8 vero che nei primi istanti di vita, l’universo ha subito un’accelerazione enorme e lo spazio si \u00e8 dilatato a dismisura, allora l’universo, se non infinito, deve essere comunque enormemente pi\u00f9 grande di quel che attualmente appare.<\/p>\n \u00c9 bene ribadire che la dimensione dell’universo osservabile non dipende dalle capacit\u00e0 tecnologiche impiegate, ma \u00e8 da intendere come un limite fisico indipendente da qualsiasi progresso in campo osservativo. Notiamo che l’estensione dell’universo visibile varia col tempo e se l’espansione stesse rallentando, col passare del tempo riceveremmo via via la luce di oggetti sempre pi\u00f9 lontani, quindi l’universo visibile aumenterebbe.<\/p>\n Tuttavia, oggi sappiamo che l’espansione sta aumentando e, se cos\u00ec sar\u00e0 in futuro, allora la luce degli oggetti pi\u00f9 lontani non riuscir\u00e0 a raggiungerci. Col passare del tempo scompariranno dalla nostra vista le galassie pi\u00f9 lontane, poi via via quelle sempre pi\u00f9 vicine, finch\u00e8 in un lontano futuro saranno visibili solo le galassie distanti da noi qualche milione di anni-luce.<\/p>\n Ma se l’universo che possiamo osservare \u00e8 limitato, allora come possiamo sapere quanto \u00e8 davvero grande l’universo? Per arrivare a questa risposta dovremmo affidarci alla teoria, ma soprattutto faticare su certi concetti non proprio intuitivi.<\/p>\n \u00c9 risaputo che si possono concepire degli spazi nei quali le normali propriet\u00e0 della geometria euclidea<\/strong> non valgono pi\u00f9. Ad esempio, la somma degli angoli interni di un triangolo \u00e8 di 180 gradi,<\/strong> ma solo se questo triangolo \u00e8 disegnato su un piano, mentre se lo stesso triangolo fosse disegnato sulla superficie di una sfera la somma degli angoli interni varrebbe pi\u00f9 di 180 gradi. Questi spazi sono rimasti per\u00f2 nel regno della matematica, finch\u00e8 con la teoria della relativit\u00e0<\/strong> di Einstein la geometria dello spazio si \u00e8 legata alla distribuzione della materia e dell’energia. In particolare, se supponiamo che nell’universo materia ed energia siano distribuite in maniera uniforme, la geometria dello spazio dipende unicamente dal valore della densit\u00e0 di materia ed energia.<\/p>\n Se la densit\u00e0 supera un valore critico, la gravit\u00e0 “chiude” lo spazio che ha un volume finito ma senza limiti. Non potendo visualizzare uno spazio curvo a tre dimensioni, dobbiamo ricorrere all’analogia bidimensionale<\/strong> di una sfera che \u00e8 finita ma illimitata: ossia, in un universo chiuso, partendo dalla Terra e viaggiando sempre nella stessa direzione ci ritroveremmo alla fine sempre sulla Terra.<\/p>\n Se la densit\u00e0 ha invece esattamente il valore critico, allora lo spazio \u00e8 infinito e valgono le regole della geometria euclidea: il suo analogo bidimensionale \u00e8 la superficie di un piano. Se infine la densit\u00e0 \u00e8 inferiore al valore critico, lo spazio \u00e8 infinito ma non valgono pi\u00f9 le regole della geometria euclidea e la sua rappresentazione in due dimensioni sarebbe un p\u00f2 pi\u00f9 complicata.<\/p>\n Gli astronomi per decenni hanno tentato di fare l’inventario della quantit\u00e0 di energia e materia presente nell’universo per conoscere la geometria di questo spazio. Per\u00f2 quello che era un compito difficile si \u00e8 rivelato man mano sempre pi\u00f9 complicato ed allo stesso tempo interessante. Per questo motivo, non basta contare le stelle e le galassie, perch\u00e8 la materia \u00e8 presente anche sotto forma di gas e non emette luce nel visibile ma ad altre frequenze, spesso osservabili solo dallo spazio. Gli astronomi hanno inoltre scoperto che la materia visibile rappresenta solo una parte di quella presente nell’universo: ne esiste una nuova, la materia oscura,<\/strong> che non si manifesta in alcun modo se non attraverso gli effetti gravitazionali. Da una decina di anni si \u00e8 anche scoperto che su tutto domina una misteriosa forma di energia repulsiva, che \u00e8 la causa dell’attuale accelerazione dell’espansione.<\/p>\n Inoltre, la relativit\u00e0 generale ci permette di stabilire la curvatura dell’universo, ma non ci dice nulla sulla sua geometria globale, ovvero quella che i matematici chiamano la topologia dello spazio.<\/p>\n Di che si tratta? Molti lettori conosceranno il videogioco “Asteroids”<\/strong> nel quale il giocatore guida una piccola astronave che deve evitare o distruggere degli asteroidi che arrivano via via pi\u00f9 numerosi e veloci. I movimenti avvengono sullo spazio bidimensionale<\/strong> dello schermo ed il giocatore vede l’astronave dall’esterno. La particolarit\u00e0 di questo videogame \u00e8 che i bordi dello schermo non sono invalicabili: sia l’astronave che gli asteroidi, superando il bordo superiore, ricompaiono dal bordo inferiore o superando il bordo sinistro ricompaiono su quello destro. Ma se vivessimo nell’universo di “Asteroids”, ovvero fossimo delle creature bidimensionali nello schermo, non vedremmo nessun bordo. Avremmo invece l’illusione di uno spazio che si estende all’infinito intorno a noi e osservando con attenzione sufficientemente lontano vedremmo immagini ripetute del nostro mondo, con gli stessi oggetti oltre a noi stessi, ripetuti a intervalli regolari.<\/p>\n L’universo di “Asteroids” ha una geometria piana e non curva, eppure non ha le propriet\u00e0 normali di un piano che si estende all’infinito; \u00e8 solo un esempio di spazio “multiconnesso”<\/strong> ovvero “finito”. Ma pu\u00f2 lo spazio in cui viviamo avere propriet\u00e0 analoghe e se s\u00ec, come si pu\u00f2 stabilire che tipo di spazio \u00e8?<\/p>\n Il metodo pi\u00f9 semplice sarebbe quello di guardare sempre pi\u00f9 lontano e cercare di scoprire se ad intervalli regolari si vedono immagini duplicate delle stesse galassie, ma la cosa \u00e8 alquanto impraticabile, anche se sono stati comunque applicati metodi pi\u00f9 sofisticati (detti di “cristallografia cosmica”<\/strong>) nell’analisi della distribuzione delle galassie e degli ammassi, con risultati negativi. Tuttavia, la possibile indicazione che lo spazio possa essere multiconnesso \u00e8 venuta dalla radiazione cosmica di fondo che presenta un’anomalia: le fluttuazioni di temperatura sulle scale pi\u00f9 grandi sono significativamente meno forti di quanto previsto dalla teoria.<\/p>\n Nel 2003, in una lettera pubblicata sulla rivista “Nature”,<\/strong> un gruppo di studiosi guidato dall’astrofisico francese Jean-Pierre Luminet<\/strong> e dal matematico americano Jeffrey Weeks<\/strong> ha cercato di dimostrare che questa anomalia potrebbe essere la conseguenza del fatto che il volume dell’universo \u00e8 finito e troppo piccolo per poter contenere le fluttuazioni a grande scala, ed \u00e8 riuscito a riprodurre le osservazioni supponendo che l’universo sia fatto come uno spazio dodecaedrico.<\/strong><\/p>\n Ma com’\u00e8 fatto questo spazio? La forma di un dodecaedrico presenta dodici facce pentagonali, e quando si attraversa una di queste facce si rientra in quella opposta, come avviene nel gi\u00e0 citato videogame di Asteroids. In realt\u00e0 vi \u00e8 una piccola complicazione, si tratta infatti di un dodecaedrico non euclideo ma sferico; le immagini adiacenti del dodecaedro sferico riempiono completamente una ipersfera<\/strong> (una sfera nelle quattro dimensioni). \u00c8 in effetti una cosa un p\u00f2 complicata e non visualizzabile in tre dimensioni, ma per fortuna si pu\u00f2 ricorrere alla solita analogia a due dimensioni. Abbiamo allora una superficie sferica ricoperta da pentagoni: da qui la metafora del pallone di calcio, usatissima dai media per presentare la notizia.<\/p>\n La possibilit\u00e0 di un universo multiconnesso<\/strong> pu\u00f2 piacere o meno, per\u00f2 \u00e8 davvero affascinante; il problema \u00e8 che si basa su un’anomalia che pu\u00f2 avere spiegazioni alternative pi\u00f9 semplici. Vi \u00e8 in realt\u00e0 un altro metodo che permetterebbe di avere la prova che il nostro spazio \u00e8 multiconnesso: infatti, a seconda della forma dello spazio, dovremmo poter osservare sulla mappa di temperatura della radiazione di fondo delle tracce peculiari che riflettono la periodicit\u00e0 dello spazio, sotto forma di coppie di cerchi. L’analisi risulta delicata e controversa, per il momento, comunque, si pu\u00f2 affermare che questi cerchi non sono stati trovati. Dunque se lo spazio avesse una geometria multiconnessa,<\/strong> le sue dimensioni sarebbero talmente grandi da non poter essere rivelate.<\/p>\n Ma la domanda \u00e8 sempre la stessa, ossia, quanto \u00e8 realmente grande l’universo?<\/strong> Se ci limitiamo all’universo osservabile, allora la risposta \u00e8 quasi banale, dato che la stessa Relativit\u00e0 generale ci dice che tenendo conto dell’espansione e della velocit\u00e0 con cui si propaga la luce, la distanza dell’orizzonte cosmologico \u00e8 di circa 46,5 miliardi di anni luce,<\/strong> tanta \u00e8 infatti la distanza che la luce ha percorso in un tempo pari all’et\u00e0 dell’universo.<\/p>\n In altre parole, l’universo a cui abbiamo o teoricamente avremo accesso in futuro ha un diametro di circa 93 miliardi di anni luce:<\/strong> un valore inconcepibile per mancanza di termini di paragone. Non possiamo per\u00f2 sapere quali sono le dimensioni dell’universo reale, che include tutto ci\u00f2 che non osserviamo e forse mai osserveremo. Quello che si pu\u00f2 fare \u00e8 stimare che il diametro minimo dell’universo reale debba valere almeno 78 miliardi di anni-luce,<\/strong> ovviamente un valore sottodimensionato dato che risulta ancora pi\u00f9 piccolo di quello dell’universo osservabile.<\/p>\n Ed \u00e8 comunque probabile che l’universo reale sia enormemente pi\u00f9 grande dei valori che abbiamo menzionato, tanto che anche se lo spazio fosse davvero multiconnesso, le sue immagini replicate si troverebbero probabilmente molto al di l\u00e0 del limite dell’universo visibile. Possiamo dunque concludere che lo spazio o \u00e8 infinito o, a tutti i fini pratici, pu\u00f2 essere considerato infinito.<\/p>\n E se poi non fosse infinito, ma solo immensamente grande, non si pu\u00f2 escludere che vi siano altri universi, ma quella dei multiuniversi \u00e8 ovviamente un’altra storia.<\/p>\n \n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La velocit\u00e0 della luce nello spazio La domanda di quanto sia grande l’universo \u00e8 molto antica e sorge spontanea quando si alza lo sguardo verso il cielo stellato. Ci potremmo chiedere pi\u00f9 nel dettaglio, quale sia la distribuzione della materia nello spazio e quale sia l’estensione dello stesso. 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L’universo come un videogame<\/h2>\n
L’universo: uno spazio multiconnesso<\/h2>\n